domenica, 22 Dicembre, 2024
Società

Presentato al Cnel il primo rapporto sui lavoratori immigrati nell’agroalimentare

È stato presentato al Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), in presenza di rappresentanti del Governo e del Parlamento, di ricercatori e sindacalisti, il volume “Made in Immigritaly. Terre, colture, culture”, primo Rapporto sui lavoratori immigrati nell’agroalimentare italiano. Commissionata dalla FAI-CISL e realizzata dal Centro Studi Confronti, la ricerca esamina in oltre 500 pagine i modi in cui il lavoro immigrato viene gestito in contesti specifici e analizza i diversi profili del fenomeno, inclusi i meccanismi virtuosi di cooperazione e integrazione locale che si stanno realizzando sui luoghi di lavoro. “I dati, le analisi e le storie raccolte – ha detto Onofrio Rota, segretario generale della FAI-CISL – restituiscono così uno spaccato di vita quotidiana di quei lavoratori e lavoratrici di origine straniera che ogni giorno contribuiscono alla crescita del nostro Pil, con un agroalimentare italiano che nel 2023 ha superato 600 miliardi di fatturato e 64 miliardi di export”. “Made in Immigritaly – ha commentato Claudio Paravati, direttore del Centro Studi Confronti – mette al centro le persone: chi sono, cosa fanno, in cosa sperano. Per noi questo è anche un progetto editoriale che riflette il nostro impegno storico per un’informazione libera, per dare voce a chi voce non ne ha”.

Brunetta: “Cattiva coscienza sul ruolo degli immigrati”

“Questa ricerca – ha aggiunto Rota della FAI-CISL – ha il merito di rovesciare una narrazione dominante: quella che vorrebbe ridurre il fenomeno migratorio a costante emergenza sociale o a necessarie braccia da lavoro da confinare alla subalternità. Il Presidente del CNEL Renato Brunetta, che ha accolto l’iniziativa, invocando un minuto di silenzio per le vittime dell’incidente alla centrale idroelettrica di Suviana, ha dichiarato: “Il settore agroalimentare italiano è ricco di eccellenze di cui andiamo fieri, ma dietro l’eccellenza del Made in Italy c’è la cattiva coscienza sul ruolo degli immigrati. Servono flussi che prevedano formazione e selezione all’origine, secondo la logica della bilateralità. Una forza lavoro invisibile non è un fattore di crescita, né civile né economica, l’opacità non serve a nessuno”.

2,4 milioni circa gli immigrati che lavorano regolarmente

Gli immigrati che lavorano regolarmente in Italia, si legge nel rapporto, sono stimati in 2,4 milioni circa, più del 10% degli occupati. In agricoltura, però, il loro contributo è certamente più rilevante di questo valore medio: gli stranieri occupati nel settore sono quasi 362.000 alla fine del 2022 e coprono il 31,7% delle giornate di lavoro registrate. Le principali provenienze nazionali registrate nei dati istituzionali sono tuttora, nell’ordine: Romania, Marocco, India, Albania e Senegal. I lavoratori rumeni diminuiscono da quasi 120.000 nel 2016 a 78.000 nel 2022; marocchini, indiani e albanesi crescono di qualche migliaio di unità: rispettivamente +7.009, +7.421 e +5.902. Sostanzialmente stabili sono i lavoratori tunisini, passati da 12.671 a 14.071; mentre in termini relativi risulta più marcata la crescita dei senegalesi, che sono quasi raddoppiati, passando da 9.526 a 16.229 (+6.703) e molto sostenuta quella dei nigeriani, passati da 2.786 a 11.894 (+9.108). Aumentano anche i maliani, da 3.654 a 8.123 e i gambiani, da 1.493 a 7.107.

Il Ministro Lollobrigida: “Fondamentale la formazione”

Alla presentazione della ricerca è intervenuto il Ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida: “Abbiamo anche bisogno di lavoratori, esaurita la richiesta interna, che provengono da altre nazioni, ma devono essere lavoratori regolarmente arrivati in Italia, perché questo è il vero investimento. Programmare, come ha fatto questo Governo, anche con flussi triennali, l’arrivo e la formazione. Dobbiamo mettere in condizione le persone che vengono qui – ha sottolineato il Ministro Lollobrigida – di essere trattate con dignità, con pari reddito rispetto agli altri, avendo le stesse opportunità”. Per il segretario generale della CISL, Luigi Sbarra, “regolarizzazioni, fissazione di quote d’ingresso legali, misure come quelle contenute nel Decreto Cutro sono passi significativi, ma bisogna andare oltre: va costruita una Dublino II, con un sistema comune europeo che garantisca accoglienza, sicurezza e integrazione, con canali di ingresso regolari che permettano, anche attraverso la bilateralità, di incrociare domanda e offerta di lavoro permettendo alle imprese di disporre del necessario fabbisogno di lavoratori ben formati e qualificati, contrattualizzati e retribuiti”.

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