Se davvero gli elettori di Fratelli d’Italia scriveranno “Giorgia” nella scheda per le europee, come chiesto da Meloni, assisteremo ad un antipasto di quello che sarebbe il premierato, se la riforma del centrodestra fosse approvata.
Personalizzazione “familiare” della politica
Neanche a Berlusconi, comunicatore a 18 carati, era venuta mai in mente l’idea di farsi votare con il suo nome. La personalizzazione della politica era iniziata col fondatore di Forza Italia ma con Meloni sta facendo un salto di qualità diverso: non in senso “reverenziale“ verso il leader irraggiungibile ma con una declinazione di “familiarità” che taglia le distanze tra il capo e il suo popolo e dovrebbe attirare alle urne gli elettori riluttanti che in Italia sono il primo partito.
La partita interna al centrodestra
Meloni personalizza la campagna delle europee perché, dopo 20 mesi di governo ha bisogno di una nuova “benedizione” popolare per il suo mandato. Negli ultimi mesi nel centrodestra Forza Italia, che Renzi erroneamente aveva dato per spacciata, ha ripreso consensi sotto la guida lineare e sempre più moderata di Tajani. La Lega è invece in calo. Ma c’è un’incognita. La candidatura di quel generale, le cui idee fanno accapponare la pelle anche a destra, potrebbe svegliare un elettorato intollerante, fortemente reazionario e legato a pregiudizi duri a morire la cui consistenza non è calcolata dai sondaggisti. Salvini potrebbe riprendere fiato e Meloni si ritroverebbe due alleati entrambi più forti o meno deboli. Insomma per Meloni la partita è tutta interna al centrodestra in Italia. La sua discesa in campo ha convinto Calenda a fare altrettanto, sicché resterà fuori dal gioco delle candidature dei leader resterebbero solo Renzi e Salvini.
La partita europea di Meloni, non solo sovranismo
Ma nel discorso di ieri la leader di Fratelli d’Italia ha indossato anche i panni di capo del gruppo Conservatori e riformisti europei, che rischia di essere superato dagli estremisti di destra di Identità e Democrazia in cui Salvini si ritrova con Le Pen e i neonazisti tedeschi. Meloni finora ha giocato la carta del suo ottimo rapporto con Von der Leyen, per tenersi aperta se non una porta almeno una finestra col Ppe. La candidatura di Ursula alla guida della Commissione è in fase calante e Meloni deve serrare le fila con i suoi alleati europei. Anche al costo di apparire ostile ai progressi nella costruzione dell’Ue. Gli attacchi alla burocrazia astratta di Bruxelles ormai non sono più solo patrimonio della destra. E allora Meloni tira fuori l’idea di un ‘Europa confederale, contrapposta a quella federalista. Però parla di politica estera comune, difesa comune, unificazione dei mercati finanziari e addirittura di “sovranità europea” a proposito della necessità di una politica industriale. Nulla di tutto questo esiste oggi. Se davvero Meloni si batterà per questi obiettivi, sarà molto difficile accusarla di voler distruggere l’Ue.