Anche in Iran è arrivato il dottor Stranamore e minaccia l’arma “fine di mondo”. La guerra mediatica non ha tregua, continua giorno e notte a tutte le latitudini, e ora si va spegnendo l’interesse per le vicende della Striscia di Gaza e si accende per le dichiarazioni tra Teheran e Tel Aviv. Israele starebbe preparando un “attacco mirato e limitato” sul suolo iraniano, di portata dimostrativa, come è stata quella dell’Iran. Nessuna fonte, spesso anonima, fornisce dettagli. La Commissione per la sicurezza nazionale del Parlamento iraniano ha, invece, ufficialmente dichiarato: “siamo pronti a usare un’arma che non abbiamo mai usato prima.” E’ tutto così in questi giorni: dal Presidente Raisi che durante un colloquio con il Presidente Putin ha detto: “risponderemo a qualsiasi azione contro gli interessi dell’Iran in modo più feroce, esteso e doloroso di prima”, al premier israeliano e tutti i ministri che ribadiscono: “arriverà una risposta nel momento e nel luogo che si riterrà opportuno.” Il ministro Banny Ganz ha anche sottolineato che l’Iran “è un problema globale e regionale, e anche una minaccia a Israele.” La guerra mediatica ha le sue regole e nessuno può chiamarsi fuori. Neppure i social possono sottrarsi a se stessi e si sono riempiti di miliardi di meme e battute che deridono l’attacco iraniano, come se un attacco che avesse procurato milioni di morti fosse stato più corretto.
Si teme di più l’errore tattico
Sulla questione un gruppo di esperti che lavorano con l’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) ha affermato che l’attacco israeliano al consolato iraniano a Damasco dell’1 aprile ha violato il diritto internazionale. In un rapporto pubblicato dall’Ocha si afferma che “a tutti i paesi è vietato privare arbitrariamente le persone del loro diritto alla vita nelle operazioni militari all’estero, anche nella lotta al terrorismo”. Gli esperti sostengono che “l’attacco di Israele ha di conseguenza violato il divieto sull’uso della forza armata contro un altro Stato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, della Carta”. A seguito di questo attacco l’Iran ha reagito con una rappresaglia perfettamente proporzionata, con moderazione e ragionevolezza, che non ha violato vite umane. Piuttosto un’analisi geoeconomica di S&P ritiene che “la regione si trova in una situazione di vulnerabilità, incline a un’ulteriore escalation dei conflitti, e non si può escludere la possibilità di un errore di calcolo tattico” che comprometterebbe definitivamente la già deteriorata situazione economica dell’area mediorientale con riflessi globali non prevedibili.
Usa: arrestati 44 manifestanti
Intanto decine di manifestanti filo-palestinesi hanno bloccato nel tardo pomeriggio e la sera di lunedì il ponte di Brooklyn, accendendo razzi in mezzo al traffico e protestando contro il sostegno statunitense ad Israele. Le proteste sono avvenute nel giorno di scadenza di presentazione della dichiarazione dei redditi proprio per trasmettere il messaggio che non si vuole usare le tasse degli americani per finanziare la guerra in Israele. La polizia ha fermato 44 persone. Sempre lunedì per le stesse proteste sono stati bloccati gli ingressi dell’aeroporto di Chicago, il traffico sul Golden Gate Bridge di San Francisco e l’autostrada di Oakland, in California.
A Gaza non arrivano gli aiuti
Purtroppo aumentano ogni giorno i morti e tanti di questi sono bambini. A causa della guerra tra Israele e Hamas, a Gaza viene ucciso o ferito un bambino ogni 10 minuti. Lo dichiara l’Unicef secondo cui oltre 12mila bambini, quasi 70 al giorno, sono stati feriti da ottobre, da quando Hamas ha attaccato Israele. E anche l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi ha notizie pessime. Ha riferito nel suo ultimo aggiornamento sulla situazione a Gaza che la quantità di aiuti che entrano nella Striscia è rimasta relativamente stabile da aprile, con una media di 181 camion che raggiungono quotidianamente l’enclave. Questo volume è di gran lunga inferiore alla capacità operativa dei valichi di frontiera aperti di Gaza e non riesce a soddisfare l’obiettivo dichiarato di Israele di facilitare l’ingresso di 500 camion di aiuti al giorno.