mercoledì, 18 Dicembre, 2024
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Minori, detenuti e disabili, tutti vittime del coronavirus

Minori, detenuti e disabili: tre categorie a rischio che le misure restrittive contenitive del contagio da covid-19 hanno ulteriormente indebolito. Di qui l’appello ai rappresentanti delle istituzioni per invocare soluzioni “capaci di tener conto del bene integrale della persona”. e Cappellano dell’Istituto penale per minorenni di Nisida, ha lanciato un vero e proprio appello alla stampa.

Don Gennaro Pagano, direttore Fondazione “Centro Educativo Diocesano Regina Pacis”

Direttore, come mai ha deciso di intervenire nel dibattito pubblico in questo momento così drammatico?
“La consapevolezza della difficoltà del tempo presente dovuta alla crisi sanitaria ed economica provocata dalla pandemia che ha colpito il nostro paese, in alcune aree in modo drammatico in altre ancora contenuto, mi spinge in qualità di Direttore della Fondazione Regina Pacis ad invocare soluzioni importanti capaci di tener conto del bene integrale della persona e delle fasce più marginali della popolazione”.

In che senso?
“Più volte ho sentito ripetere da qualcuno che l’epidemia è democratica in quanto potenzialmente coinvolge tutti. A tal proposito vorrei far notare che, se lo è dal punto di vista biologico e medico, non lo è affatto dal punto di vista sociale. Siamo nel pieno di una crisi che non è solo ed esclusivamente sanitaria ma anche psicologica, sociale, economica. Pertanto credo, con i mezzi che solo chi governa e amministra può immaginare, anche questi altri tre criteri (psicologico, sociale, economico) debbano essere utilizzati con maggior centralità, nell’ambito della riflessione politica e sociale. Penso ad alcune fasce di marginalità sociale che soffrono più di altre in questo momento…”.

 A chi si riferisce?
“In primo luogo ai bambini che vivono in famiglie multiproblematiche, come molti dei minori che frequentano i nostri Centri Diurni: dal loro orizzonte è completamente scomparso un adulto di riferimento esterno alla famiglia, capace di coadiuvare quest’ultima, di sostenerne la resilienza e di vigilare sulla loro salute integrale. Inoltre per molti ragazzi che vivono in famiglie con enormi problemi economici e di arretratezza culturale e multimediale, la didattica a distanza è solo una terminologia incomprensibile e un’esperienza inarrivabile”.

E poi?
“Ai detenuti. Occupandoci di accoglienza di adolescenti di aera penale e di donne provenienti dall’esperienza carceraria, il nostro rapporto con alcune strutture detentive è costante. Come cappellano, mi reco quasi ogni giorno a Nisida, constatando la difficoltà del momento, la tensione dei ragazzi e la problematicità nella gestione del tempo: se non fosse per la dedizione creativa del Direttore e della costante disponibilità del Comandante di Reparto, unitamente alla collaborazione della Magistratura Minorile e di tutto il Personale, i detenuti, privi dei colloqui, delle occasioni ricreative organizzate dal volontariato carcerario, delle attività formative e laboratoriali si troverebbero a fare i conti con un tempo vuoto, generatore di malessere interiore e di dinamiche pericolose”.

Questo cosa comporta?
“Se in un Istituto minorile la competenza di chi vi lavora riesce a contenere e a gestire il tutto, in Carceri ben più grandi la situazione è seria e pericolosa – non solo dal punto di vista sanitario – tanto per il personale, quanto per i detenuti. In uno stato civile è impensabile che, seppur in una situazione emergenziale, la vita carceraria possa proseguire a lungo in questa sorta di limbo dove, contrariamente a quanto affermato dall’articolo 27 della nostra Costituzione, si fa fatica in questo momento ad offrire stimoli realmente rieducativi”.

Sul versante della disabilità?
“La chiusura di diversi centri specializzati e di molte realtà socio- educative sta producendo un’inevitabile ricaduta psicologica su molte persone con disabilità e lascia sprofondare in un senso di stanchezza e di indicibile solitudine molte delle loro famiglie. In molte zone del paese anche l’assistenza domiciliare è stata sospesa o mai avviata. Occorre fare qualcosa in tal senso per evitare delle vere e proprie tragedie familiari, pensando a modalità di fruizione dei servizi che possano mettere insieme le istanze sanitarie con quelle psicosociali dei disabili e delle loro famiglie”.

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