venerdì, 22 Novembre, 2024
Attualità

L’Italia nell’emergenza

Cosa ne sarà dell’Italia dopo il 3 aprile? È l’interrogativo che allarma le famiglie, le imprese i professionisti che non hanno più clienti nei loro studi. Sarà una economia da dopoguerra si è detto e, se si raggiungerà in settimana il picco dei contagi, poi bisognerà fare i conti con l’impennata del dramma sociale.

Di troppe famiglie e lavoratori che non avranno più risorse economiche. L’Italia ha già visto nella sua storia momenti di grave crisi, di tensioni sociali, di povertà. Ora che da ogni luogo emergono richieste di aiuto, ne cito alcune perché è importante dare la parola a quelle associazioni di categoria impegnate in prima linea contro l’emergenza. È il caso, ad esempio, di Confesercenti: “Le imprese stanno facendo fronte alle scadenze pur in assenza totale di introiti”, scandisce la presidente Patrizia De Luise, “le banche devono snellire le procedure di credito. Il rischio è che un esercente su due non riapra mai più”.

Così come Confcommercio: “La crisi si allunga, i danni economici crescono e molte imprese rischiano di non riaprire”, rivela il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, “di fronte a questa emergenza senza pari bisogna sostenere subito la liquidità delle imprese con strumenti straordinari, raccordati con l’Europa, evitando gli impacci burocratici”. Così l’allarme di Coldiretti che calcola una situazione di grave disagio economico per milioni di persone. Leggiamo anche noi sgomenti. “Con l’emergenza Coronavirus e la perdita di opportunità di lavoro anche occasionale si aggrava la situazione e aumenta il numero dei 2,7 milioni di persone che in Italia sono costretti a chiedere aiuto per il cibo da mangiare nelle mense o soprattutto con la distribuzione di pacchi alimentari”. Aggiungiamo noi che dovremmo tener conto di 113mila persone senza fissa dimora, di oltre 225mila anziani sopra i 65 anni, e 455mila bambini di età inferiore ai 15 anni che ricevono aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead attraverso dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea). La radiografia dei bisogni è una cartina al tornasole dei problemi nazionali.

Le maggiori difficoltà si registrano nel mezzogiorno con il 20% degli indigenti che si trova in Campania, il 14% in Calabria e l’11% in Sicilia ma situazione diffuse di bisogno alimentare si rilevano anche nel Lazio, nella Lombardia dove più duramente ha colpito l’emergenza sanitaria. Ora il Governo Conte, sollecitato anche dalle opposizioni varerà un programma di aiuti. Tutti i settori avranno un sostegno economico, sappiamo che i fondi non basteranno, sappiamo che servirà uno sforzo eccezionale – e ci auguriamo che l’Europa dei Popoli capisca che è in gioco la sopravvivenza dei suoi stessi valori – nelle prossime ore sapremo come saranno ripartiti i soldi. Il ventaglio delle proposte dovrà essere necessariamente ampio: dai buoni spesa, ai sostegni per i lavoratori autonomi, per le piccole imprese, per gli operai così come per i professionisti. Poi ci saranno i fondi per i Comuni per coprire molte malattie necessità. Ma c’è anche il problema del sommerso dove spesso l’economia in nero dà lavoro a tante persone, che ora non avranno nulla. Bisognerà pensare a tutto e a tutti. Noi ci rendiamo partecipi di due idee concrete che portano in sé i valori della nostra Nazione.

La prima è nelle parole e nell’impegno della Caritas Italiana, lo diciamo, riconoscenti con il racconto che ne fa il direttore don Francesco Soddu, “Abbiamo attivato servizi domiciliari per la distribuzione di pasti e di beni alimentari, numeri verdi per raccogliere i bisogni delle persone costrette in casa, anziani soprattutto.

Abbiamo dato supporto alle persone senza dimora impossibilitate a seguire le direttive del Governo sulla quarantena, e seguito situazioni specifiche, come ad esempio quella dei circensi, in collaborazione con la Fondazione Migrantes, e dei rifugiati. Questa emergenza ci deve far sentire tutti uniti e solidali. Sta emergendo il volto bello dell’Italia che non si arrende”. La seconda idea è quella solidaristica di Alcide de Gasperi, il coniugare di fronte alle emergenze, “il rigore insieme allo sviluppo”.

Se “La storia è memoria”, per citare il grande Jacques Le Goff, allora abbiamo anche noi il dovere di tenere a mente di fronte alle preoccupazioni di vita di milioni di persone che la recessione può essere battuta, che serve quel patto sociale per rimettere in piedi e in cammino il Paese. Alcide De Gasperi nel momento più difficile del dopo guerra, quando l’Italia era ancora sotto le macerie, non rinunciò alle idee di solidarietà e all’equità sociale. Negli anni del suo governo, – teniamolo a mente ancora oggi -, venne approvato un piano settennale per l’occupazione, la Cassa per il Mezzogiorno destinata a ridurre lo squilibrio geografico tra Nord e Sud, una riforma fiscale, quella di Vanoni, finalizzata a ripartire più equamente il carico della ricostruzione.

“Nel rispetto”, come sottolinea la storiografia politica, “dei vincoli internazionali, il governo trovò le risorse per finanziare un programma di investimenti pubblici”. De Gasperi realizzò una solidarietà cristiana, nel segno della fiducia. Ecco le sue parole. “Non è vero che Cristo si sia fermato a Eboli, Cristo cammina ancora dinanzi a noi per segnarci le vie della giustizia e della pace”.

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