Se lo Stabat Mater è bastato a consacrare a eterna gloria terrena la figura di Giovanni Battista Pergolesi, prematuramente riconsegnata dalla sorte all’eterno riposo della morte, Stravinskij ha fatto dell’opera di Pergolesi la scala a pioli con cui ascendere a un successo autoriale capace di portare in seno la presenza viva del suo ispiratore. Come ricorda il Maestro Michele Mariotti, lo stesso Stravinskij, riferendosi al Pulcinella, osservava che si arriva ad un punto in cui non si capisce più dove Pergolesi è Pergolesi e Stravinskij è Stravinskij, per indicare una chiara contaminazione artistica e una similarità di pensiero compositivo.
È altrettanto vero, come, sottolineato sempre da Mariotti, la scelta di due lavori che nascono uno nel 700, creando il mito di Pergolesi, l’altro nel 900 ma con le radici impregnate del mito di Pergolesi, non possono non influenzare la direzione e tutta l’orchestrazione del Maestro Mariotti. Quel che viene fuori è un risultato più che godibile, appassionante e vivo, grazie ad un’interpretazione del suono e dello stile che diventano contigui nelle due opere. Lo Stabat Mater risulta così tagliente, diretto, vivo, come vivo è il dolore espresso dal testo. Qui particolare prova di bravura va riconosciuto agli archi, che si sono distinti, a mio avviso, nell’esecuzione di una partitura carica di cromatismi, moderna nel momento della sua creazione, attuale nella chiave in cui ci viene riproposta oggi e non meno carica di un messaggio e di un insegnamento che espliciterò qui avanti. In assoluto lo Stabat Mater è l’emblema di cos’è l’eterna gloria di un compositore: quanto tortuosa e breve è stata la sua esistenza, che si spegne ad appena 26 anni di età e in miseria, altrettanto la sua opera porterà il suo nome in tutto il mondo e, come mai accadeva, entrerà nel repertorio senza mai più uscirne, grazie ad una scrittura musicale soave e imprevedibile al contempo, capace di tratteggiare i moti più brevi e sfumati dell’animo umano; forse per questo l’incessante dire dello Stabat Mater è incessante dire, sussurrare, in cui, stavolta, si arriva a commozione grazie all’altissima interpretazione delle cantanti
. Quanto al Pulcinella, pur ugualmente sedotta dalla scelta del Direttore e dalla policromia del pezzo, l’orchestra risolta appena meno padrona di scioltezza esecutiva: Stravinskij tende qualche pietra d’inciampo, la sua scrittura è più difficile, i suoi ritmi più aspro, ma del resto è la vita artistica dello stesso autore ad essere costellata di ostacoli e stroncature, eppure le radici popolari di entrambi i compositori sembrano dialogare a meraviglia tra loro, pur generando opere di differente gusto e messaggio, perché quel che sottende tutto il processo del concerto, in cui sento di promuovere a pieni voti il Maestro, i cantanti e l’orchestra è, come dice Mariotti la necessità di “guardare al passato per immaginare il futuro”.
Dunque il direttore musicale Michele Mariotti è salito nuovamente sul podio del Costanzi per il secondo concerto della stagione sinfonica della Fondazione Capitolina. In programma martedì 20 febbraio alle ore 20.00, la serata ha affiancato un capolavoro della musica sacra come lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi al balletto con canto di Igor Stravinskij Pulcinella , che su musiche di Pergolesi è basato. Con entrambi i titoli, Mariotti si è confrontato per la prima volta.
«Lo Stabat Mater di Pergolesi e Pulcinella di Stravinskij – dice il direttore musicale dell’Opera di Roma – sono divisi da quasi due secoli di storia, ma mostrano una fortissima connessione basata proprio sulla musica di Pergolesi. Lo Stabat Mater è un capolavoro del classicismo, un esempio di cristallina purezza del dolore. A questo contrapponiamo il capostipite del neoclassicismo stravinskiano, il balletto Pulcinella , con cui il compositore russo abbandona la musica popolare della sua terra e si rivolge al passato per usarlo come base per il futuro».
Accanto a Mariotti, un quartetto di voci soliste d’eccellenza come il soprano Maria Grazia Schiavo , riconosciuta interprete del repertorio belcantistico e romantico; Sara Mingardo, tra i contralti più ricercati, vincitrice di due Grammy Award e del Premio Abbiati, apprezzata la scorsa stagione nel ruolo di Cornelia in Giulio Cesare in Egitto; il tenore Cameron Becker, che di recente è stato Tamino in Die Zauberflöte (Il flauto magico) con la regia di Michieletto in scena all’Opera di Roma; il basso greco Alexandros Stavrakakis , vincitore del Concorso Internazionale Čajkovskij a Mosca nel 2019 e ospite regolare del Semperoper di Dresda, che è al debutto al Costanzi.