Va scritto che Israele ha, di fatto, sospeso l’offensiva militare a Rafah per l’inizio del Ramadan. Il digiuno e i precetti islamici sono cominciati, ma i militari israeliani stanno continuando le azioni delle scorse settimane senza intensificazioni particolari. È forse un risultato che non si vede, o non si vuole vedere, ma c’è. Il Presidente americano, Joe Biden, ha più volte avvertito che “un attacco a Rafah sarebbe una linea rossa”. Mentre il premier Netanyahu ha risposto che evitare un’azione nella città nel sud della Striscia di Gaza, equivarrebbe alla decisione di non entrare a Berlino alla fine della Seconda guerra mondiale, e ha sottolineato: “non è possibile eliminare solo i due terzi di Hamas. Bisogna eliminare tutto, altrimenti tornerà e si impadronirà dell’intera striscia.” Vedremo nei prossimi giorni, ma il mese del Ramadan potrebbe essere rispettato, tanto che il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha diffuso un messaggio di auguri per l’inizio del Ramadan, ma al tempo stesso, ha avvisato di non “commettere sbagli.” “Il Ramadan – ha detto Gallant – è un importante mese in cui il Corano è stato rivelato e durante il quale si arricchiscono le relazioni di vicinato e si rafforzano quelle famigliari, tuttavia siamo consapevoli che può essere un mese di Jihad. Diciamo a tutti coloro che ci mettono alla prova: siamo pronti, non commettete sbagli.” Gallant ha poi affermato che Israele rispetta “la libertà di fede su al-Aqsa (Spianata delle moschee) e su tutti i luoghi santi.” Di fatto è come se una qualche tregua, anche se non ufficialmente dichiarata, fosse già stata attivata e fonti israeliane sostengono che il Gabinetto di guerra non ha ancora approvato i piani dell’offensiva a Rafah.
Aiuti umanitari a singhiozzo
Purtroppo seppure proseguono i negoziati, non ci sono passi avanti sostanziali nei colloqui al Cairo. Mentre si moltiplicano le attività di aiuti umanitari: gli Stati Uniti hanno avviato la progettazione di un porto a Gaza che possa fare arrivare derrate via mare, ed è in atto la creazione di un corridoio umanitario marino tra Cipro e Gaza attraverso cui far arrivare rifornimenti quotidiani nell’enclave. Ma la nave di Open Arms con 200 tonnellate di aiuti a bordo – fornite dall’organizzazione benefica statunitense World Central Kitchen – che sarebbe dovuta già salpare ha rinviato la partenza per non chiariti motivi tecnici. Nuovi lancia di aiuti dall’alto ci sono stati anche ieri: sono stati consegnati direttamente alla popolazione oltre 27.600 pasti e circa 25.900 bottiglie d’acqua.
Netanyahu: caccia ai leader di Hamas
Del campo di battaglia ha parlato il premier Netanyahu che ha dichiarato che se Israele e Stati Uniti restano insieme, la guerra “finirà prima” e ha informato sull’eliminazione di uno dei massimi leader di Hamas, ma non ha specificato il nome: “siamo sulla strada verso la vittoria totale – ha ripetuto. – Sulla strada per questa vittoria, abbiamo già eliminato il numero quattro di Hamas. Il tre, due e uno sono in arrivo. Sono tutti uomini morti, arriveremo a tutti.” Netanyahu ha anche rivendicato, per la prima volta, la responsabilità dell’uccisione del vice leader dell’ufficio politico di Hamas, Saleh al Arouri, morto in un attacco aereo a Beirut all’inizio di gennaio. Mentre sotto attacco attraverso un bombardamento aereo, era nascosto in un bunker, è finito anche il vicecomandante Marwan Issa, ma non è chiaro se sia stato colpito o meno.