Fino a oggi è stato solo un allarmismo più o meno responsabile, se non proprio interessato. Ma i venti di guerra che soffiano in Medio Oriente “non hanno prodotto” né lo scatafascio e neppure “effetti particolarmente gravi per i nostri scambi commerciali.” Lo sostiene uno studio della Cgia di Mestre secondo il quale nell’ultimo anno, il numero delle navi mercantili (cargo e cisterna) in arrivo nei porti italiani è diminuito di 169 unità (da febbraio 2022 a febbraio 2023), pari a una percentuale del 3,6. Insomma nulla di grave e, come anche abbiamo già informato per i prezzi dei generi alimentari, tutto sa più di speculazioni che di veri e propri rilevamenti statistici oggettivi.
L’alternativa al mar Rosso
“Certo”, spiega Paolo Zabeo, direttore del Centro studi mestrino, “il crollo dei passaggi delle navi mercantili nei primi due mesi del 2024 negli stretti di Bab el Mandeb Strait (-50,5 per cento) e nel Canale di Suez (-39,3 per cento) è stato significativo; conseguentemente, i transiti lungo il capo di Buona Speranza hanno subito un’impennata dell’84,5 per cento. Questo vuol dire che, almeno fino adesso, le navi mercantili provenienti dal Sud Est Asiatico sono approdate quasi tutte nel Mediterraneo e successivamente nei nostri porti.” Ovviamente i tempi di percorrenza si sono allungati, provocando un deciso aumento del costo dei noli.
Prezzi dei noli non altissimi
Per un container di 40 piedi che a metà gennaio ha percorso la rotta Cina-Asia Orientale, fino al Mediterraneo, il prezzo ha toccato il picco di 6.673 dollari. Nulla a che vedere, comunque, con le tariffe che venivano praticate nell’estate del 2021, quando si aggiravano attorno ai 12.000 dollari. Va altresì segnalato che rispetto a un paio di mesi fa i costi sono in discesa. Lo scorso primo marzo, infatti, il prezzo è sceso a 4.972 dollari per container, contro i 3.300 dollari registrati dall’indice mondiale noli calcolato da Freightos Baltic Index.
Porti italiani, meglio quelli al sud
Tra i principali sistemi portuali presenti nel Paese, la contrazione più importante in termini assoluti ha riguardato Genova che ha visto diminuire gli attracchi di 61 unità (-10,7 per cento). Seguono Livorno con -43 (-9,8 per cento) e Venezia con -34 (-6,4 per cento). In controtendenza, invece, i risultati conseguiti dal porto di Augusta (Siracusa), che si caratterizza per la forte presenza di attività petrolifere, di rimessaggio e di cantieristica, che ha registrato un aumento degli approdi di 30 unità (+12,2 per cento), da quello di Napoli con +35 unità (+18,2 per cento) e da quello di Sarroch-Cagliari con +39 unità (+18,7 per cento).
Attenzione all’import-export
Più a rischio sono i sistemi di import-export, particolarmente quelli di Lombardia e Veneto, le regioni più industrializzate: il commercio estero italiano che “viaggia” su nave con i paesi influenzati direttamente o indirettamente dalla crisi del mar Rosso ammonta a 161,7 miliardi di euro. Questo importo incide sull’intero commercio estero del nostro Paese per il 12,6 per cento. Di questi 161,7 miliardi, 110 (pari al 68 per cento) riguardano le importazioni e “solo” 51,7 miliardi di euro (pari al 32 per cento) le esportazioni. Alla luce di queste cifre, scrive la Cgia, “se la situazione nell’area Mediorientale dovesse precipitare ulteriormente, l’impatto negativo si potrebbe far sentire maggiormente sulle importazioni di merci. Se le tensioni in quella regione dovessero proseguire, non è da escludere una nuova impennata dei prezzi sia del greggio che del gas naturale.”