Secondo i dati dell’Osservatorio 6come6 6libera che ha organizzato un convegno alla Camera dei deputati, a Roma, sul tema “Molestie e violenze sul lavoro: politica e imprese a confronto”, l’81% delle donne che subiscono molestie e violenze sul luogo di lavoro, non sporgono denuncia formale. Per Dhebora Mirabelli, presidente dell’Osservatorio, il 18% dei lavoratori assiste a molestie sui luoghi di lavoro e un terzo delle donne molestate dichiara che erano presenti colleghi. “C’è un problema reale di silenzio estremamente importante” precisa la Mirabelli. Il 50% delle testimonianze raccolte hanno ad oggetto le molestie verbali.
Il tutto avviene nell’80% dei casi nell’orario di lavoro e nel circa 90% delle volte nelle sedi di lavoro. Il dato è allarmante perché evidenzia che politiche aziendali di prevenzione e contrasto mirate potrebbero realmente fare la differenza. Quando le vittime decidono di rivolgersi a un superiore, riferiscono di ricevere comprensione per il 63%, il 30% ha manifestato incredulità e solo il 7% ha agito in modo concreto. Questo perché la maggior parte dei datori di lavoro invita a rivolgersi alle autorità e non considera la possibilità di dotarsi di strumenti e organismi interni preposti alla soluzione del problema”. In soli 3 mesi di indagine, solo il 6% delle donne vittime ne parla in azienda. Un dato reso ancora più grave dal fatto che ancora oggi l’ampiezza reale del fenomeno non è nota.
Un problema culturale
“Si tratta di un problema culturale di cui politica, parti sociali e aziende non hanno precisa conoscenza. Esiste la necessità di sistemi di monitoraggio qualificati per capire e far luce sui diversi aspetti del fenomeno e pianificare strumenti e interventi aziendali ad hoc capaci di entrare a far parte di policy aziendali acquisite come quelle incluse nel TU sulla sicurezza. Chiediamo al Governo di concludere in fretta l’iter di riforma del TU sulla sicurezza con il recepimento effettivo degli indirizzi e strumenti internazionali ratificati in Italia con la legge n.4 del 2021 per dare risposte alle imprese etiche e socialmente responsabili e garantire tutela effettiva alle donne lavoratrici coinvolte; ma soprattutto auspichiamo che siano ascoltate le parti sociali e i destinatari di tali norme”, afferma Dhebora Mirabelli.
Politiche del lavoro più inclusive
Secondo Francesco Napoli, Vicepresidente Confapi Confederazione delle piccole e medie imprese italiane, “se si lavora insieme per favorire politiche del lavoro più inclusive e capaci di tutelare le donne da ogni forma di discriminazione si avrebbero ritorni positivi sulla partecipazione femminile al mondo del lavoro e, quindi sul Pil che potrebbe registrare una crescita tra l’8 e il 12%”. “L’impegno delle aziende deve essere concreto e tangibile. Occorre lavorare sui codici di condotta, formare i dipendenti, l’azienda è un fattore chiave per ambienti di lavoro inclusivi. Le donne dovrebbero raggiungere un’indipendenza economica ed essere coadiuvate da politiche capaci di conciliare vita e lavoro”, ha aggiunto. Bruno Di Pietro, direttore generale del Fondo Interprofessionale per le piccole e medie imprese, ha illustrato l’avviso che introduce per la prima volta, sia per il Fapi che per i Fondi di Formazione operanti in Italia, una strategia premiale per le aziende che fanno formazione su questi temi. Secondo Daniela Fumarola, segretario generale aggiunto della Cisl, non bisogna parlare di questi temi solo in prossimità dell’8 marzo. “C’è una dipendenza psicologica ed economica della donna nei confronti del suo aguzzino. Deve essere data alle donne la possibilità di entrare e rimanere nel mercato del lavoro. Il welfare deve essere a dimensione di famiglia, uomini e donne, deve essere paritario, L’approccio culturale è complicato da realizzare ma essenziale il ruolo del sindacato per promuovere cultura della legalità.