martedì, 3 Dicembre, 2024
Ambiente

Neve in Italia: il monitoraggio dello Swe mostra la situazione in peggioramento

“A febbraio il deficit di Snow Water Equivalent nazionale è del -64%. I dati peggiori si registrano per gli Appennini, ma la situazione di scarsità di neve caratterizza tutta la penisola. Sulle Alpi, fondamentali anche per l’approvvigionamento idrico del bacino del Po, il deficit è del -63%, paragonabile a quello dello scorso anno”. A monitorare le condizioni dello SWE (Snow Water Equivalent), ossia l’acqua contenuta nella neve, è la Fondazione CIMA che, dopo gli aggiornamenti di dicembre 2023 e gennaio 2024, prosegue con la pubblicazione dei dati di febbraio, così da seguire la situazione e valutare il miglioramento o il peggioramento, a seconda delle condizioni meteo-climatiche che si presentano. E purtroppo, nel mese in corso la Fondazione ha riportato proprio un peggioramento: se a gennaio 2024 lo SWE a livello nazionale mostra un deficit del 39%, attualmente questa percentuale risulta ben più marcata.

Causato da tempo mite e secco

“Tale condizione va fatta risalire al tempo mite e secco, soprattutto nella seconda metà di gennaio, che ha aggravato un deficit preesistente”, afferma Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA. “Secondo le nostre stime – spiega l’esperto – hanno portato a una fusione anticipata dell’ordine di 1 miliardo di metri cubi di acqua in neve nella seconda metà di gennaio. Purtroppo, la scarsità di neve ha caratterizzato i nostri monti per tutti gli ultimi tre anni”. Statisticamente il periodo di fusione inizia a marzo. Di recente, ricercatori e ricercatrici della Fondazione hanno pubblicato due articoli interdisciplinari nei quali si mette in evidenza come la causa principale della siccità del 2022 sia la mancata fusione nivale in primavera e a inizio estate. “Monitorare la situazione – sottolinea Avanzi – è quindi fondamentale per sapere su quali risorse potremo contare quest’anno”.

Peggiori quelle degli Appennini

Le condizioni peggiori registrate sono quelle degli Appennini, dove “la stagione della neve è non pervenuta”. La Fondazione indica come l’esempio più evidente è quello del bacino del Tevere, che registra un deficit di SWE del -93%. Più in generale, per la regione Abruzzo, che rappresenta un indice per l’Appennino centrale, il deficit è del -85%, in forte peggioramento rispetto a gennaio. “Le cose non vanno meglio fuori dall’Appennino centrale – prosegue Avanzi, precisando che – il fiume Simeto, il principale della Sicilia orientale, registra un deficit del -61%, perché dopo le prime nevicate di gennaio il rialzo delle temperature ha portato a una fusione precoce della neve”. Seppur la neve di quest’area è solo una piccola parte di quella del territorio nazionale “è indice di una siccità generalizzata per la Sicilia”.

Una nevicata non fa inverno

La situazione non migliora nelle Alpi, dove il monitoraggio ha rilevato il deficit complessivo del -53%. “Vale la pena ricordare – sottolinea il ricercatore – che la neve alpina è particolarmente importante per l’approvvigionamento idrico italiano perché alimenta anche il bacino del Po che, attualmente, registra un deficit di SWE del -63% rispetto agli ultimi 12 anni”. Insomma, le scarse nevicate degli ultimi mesi non sono state minimamente sufficienti a risollevare il deficit. “E questo non dovrebbe stupire – conclude – perché l’accumulo di neve va visto come una maratona, che deve andare avanti nel tempo”.

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