Anche il premier israeliano Netanyahu vuole l’accordo per la liberazione degli ostaggi. “Voglio arrivare a un’intesa e apprezzo gli sforzi degli Stati Uniti” ha detto in un’intervista alla Cbs. Ma c’è un però, “Hamas deve ridurre le richieste deliranti e tornare alla realtà”. Non è molto, ma è qualcosa che non azzera nuovamente gli sforzi fatti finora per trovare un accordo. Da Parigi a Doha le trattative continuano e seguiranno altri incontri al Cairo. Che ci sia un’intesa sul “quadro generale” lo conferma anche il consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense, Jake Sullivan, che ha spiegato come le trattative siano ancora in corso e la proposta dovrà essere comunque trasmessa ad Hamas dai mediatori qatarioti ed egiziani per una valutazione e quindi essere gestita nei dettagli. “Speriamo che nei prossimi giorni si possa arrivare a un punto in cui si raggiunga effettivamente un accordo definitivo”, ha concluso Sullivan.
I contraccolpi della pace
Il Gabinetto di guerra di Israele ha deciso che si è imboccata la strada giusta e ha autorizzato la delegazione a continuare i colloqui. Nuovi scenari si aprirebbero con l’apertura di un tavolo per l’assetto dell’area dal dopoguerra e i primi contraccolpi già si avvertono con la crisi del governo dell’Autorità palestinese guidata dal primo ministro Mohammed Shtayyeh che potrebbe dimettersi già questa settimana e far posto a un governo tecnico. Questo a seguito dell’approvazione da parte di Hamas che si sentirebbe meglio garantita nella ricostruzione di Gaza e per il ripristino della sicurezza in tutta la Striscia. Fonti di Sky news arabic suggeriscono che il capo del Palestine Investment Fund, Muhammad Mustafa, potrebbe essere incaricato di formare il governo. Ma secondo Taher Anonu, capo staff del leader di Hamas Haniyeh, le condizioni poste per un accordo restano la cessazione della guerra, il ritiro delle forze israeliane da Gaza, la revoca del blocco e la riabilitazione della Striscia di Gaza.
Usa, attacco a Houthi dalla Eisenhower
Tutto questo, comunque, non ferma le armi. Anche ieri l’aviazione israeliana ha colpito due obiettivi lungo la linea di confine fra Gaza e l’Egitto, a ridosso del cosiddetto ’Asse Filadelfia’. La radio militare israeliana ha spiegato che gli obiettivi colpiti erano l’imbocco di un tunnel di contrabbando scavato sotto al confine ed un magazzino di armi di Hamas. Mentre nel mar Rosso Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno colpito 18 obiettivi Houthi nello Yemen. L’offensiva risponde a un attacco dei ribelli che hanno aggredito una nave inglese provocando lo sversamento di petrolio in mare e una petroliera americana, la Torm Thor, nel Golfo di Aden. Gli aerei da caccia statunitensi F/A-18 sono stati lanciati dalla portaerei USS Dwight D. Eisenhower, che attualmente si trova nel Mar Rosso. “Gli Stati Uniti non esiteranno ad agire, se necessario, per difendere vite umane e il libero flusso del commercio in una delle vie navigabili più critiche del mondo”, ha affermato il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin. “Continueremo a chiarire agli Houthi che subiranno le conseguenze se non fermeranno i loro attacchi illegali”.