Lo smog e l’inquinamento in Italia è una sfida che il Paese cerca di vincere da molto tempo, a volte con risultati incoraggianti ma a volte traendo poco profitto dalle iniziative volte a contrastare questi fenomeni. Una delle cause principali che alzano i livelli di smog e inquinamento nell’aria sono le tante autovetture a benzina che circolano nelle nostre città ma questi fenomeni vengono alimentati anche dalle emissioni di gas serra generate dagli impianti avicoli intensivi, i quali rappresentano la seconda causa di inquinamento nel nostro Paese. “Gli allevamenti rappresentano la seconda causa di smog in Italia, e particolare preoccupazione destano gli impianti avicoli intensivi, sempre più diffusi per soddisfare il fabbisogno e l’export a basso costo di carne, uova e prodotti derivati, responsabili di tutta una serie di problematiche ambientali nel nostro Paese “. Ad affermarlo è la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) che su tale fronte lancia un appello chiedendo alle Regioni di attivarsi allo scopo di garantire la salute dei cittadini.
La produzione
Recentemente i ricercatori di Poore e Nemecek, due istituti di misurazione delle emissioni di gas serra, hanno individuato un metodo per calcolare quanto i cibi sono inquinanti e qual è il loro impatto in termini di CO2. Da questo metodo si è potuta costruire una classifica e sulla base delle misurazioni di CO2, la carne bovina è al primo posto come l’alimento con la maggiore impronta di carbonio, emettendo ben 99 chilogrammi di CO2 per kilogrammo di prodotto finale a base di carne. “Numerosi studi scientifici hanno dimostrato anche che gli impatti degli allevamenti avicoli sulla salute umana sono principalmente dovuti a produzione di elevate quantità di letame e quindi di azoto e altri nutrienti che possono causare eutrofizzazione dei corpi idrici superficiali e inquinamento delle falde sotterranee; emissioni nell’aria di ammoniaca, idrogeno solforato, ossidi di azoto, e odori molesti, oltre che di PM2.5 e PM10; presenza di insetti e roditori a causa dell’elevata quantità di detriti organici, con conseguenti problemi igienico-sanitari; diffusione di batteri e virus, in particolare di ceppi di influenza aviaria sia ad alta che a bassa patogenicità“, spiega Sima.
Tutelare i cittadini
Per questo Sima ha spiegato che “il recente Decreto del ministero della Salute sulla Biosicurezza in tema di influenza aviaria (GU n. 151 del 30/06/2023) che le Regioni sono tenute a recepire è un valido primo passo, ma si è occupato essenzialmente di tutelare gli animali stabilendo le distanze tra gli allevamenti. Di fatto, però, nulla è stato deliberato a livello nazionale in merito a linee guida e normative per garantire la biosicurezza dei cittadini, definendo distanze appropriate tra allevamenti e nuclei abitati, strutture agrituristiche, case sparse di campagna, ecc.”. Il presidente di Sima Alessandro Miani ha poi specificato che “l’assenza di normative nazionali riguardo alle distanze minime tra allevamenti avicoli e case circostanti o centri abitati rimane un elemento critico a discapito del benessere e della salute dei cittadini. Come Sima auspichiamo che le Regioni comprendenti zone a rischio influenza aviaria attualmente in difetto di regolamenti specifici (tra queste Lazio, Marche, Umbria e Lombardia) si attivino urgentemente per introdurre leggi regionali volte a definire parametri di distanza più restrittivi in funzione del livello di rischio, della densità degli stabilimenti avicoli già presenti e delle caratteristiche territoriali, introducendo chiare indicazioni sulle distanze minime tra allevamenti avicoli e centri abitati in base a quanto riportato dalla letteratura scientifica (rischio chimico-fisico, biologico e sanitario associato, nonché soglie di inquinamento)”.
Dal cioccolato alla carne di manzo
Ma non sono solo la produzione di carne bovina e gli allevamenti il vero problema. Dopo la carne bovina la produzione di cioccolato fondente è al secondo posto come alimento super emissivo. Infatti, quest’ultima produce 46.65 chilogrammi di CO2 per kg di prodotto. Al terzo e al quarto posto torniamo alla carne e questo è un segnale di come gli allevamenti intensivi di animali sono i centri di “produzione alimentare” più impattante. L’ agnello è al terzo posto di questa classifica sugli alimenti più inquinanti (39.72 chilogrammi di CO2 per Kg), mentre il Manzo al quarto (33.30 chilogrammi di CO2 per Kg). Anche la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) stima che in Italia “l’85% delle emissioni nel settore alimentare riguardi proprio cibi di origine animale”. Se volessimo confrontare questi dati con quelli di un’altra ricerca, potremmo prendere come esempio l’indagine dell’Università di Oxford che ha preso in esame oltre 57mila cibi venduti nei principali supermercati e, di nuovo, ai primi due posti ci sono manzo e agnello.