martedì, 17 Dicembre, 2024
Esteri

Gli agricoltori indiani rifiutano l’offerta del governo e continuano la marcia verso Nuova Delhi per ottenere prezzi garantiti per i loro raccolti

Da una settimana, gli agricoltori indiani sono scesi in strada per rivendicare prezzi garantiti per i loro raccolti, respingendo una proposta del governo e annunciando la loro determinazione nel continuare la marcia verso la capitale, Nuova Delhi. La scorsa settimana, i manifestanti agricoltori hanno intrapreso la loro marcia, ma sono stati bloccati dalle autorità utilizzando gas lacrimogeni e pesanti barricate, nell’intento di evitare che si ripetessero le massicce proteste del 2021, quando gli agricoltori si accamparono in periferia per oltre un anno.

Lunedì sera, i leader agricoli hanno rifiutato l’offerta del governo di un contratto quinquennale a prezzi garantiti per diverse colture, tra cui legumi, mais e cotone. Secondo Jagjit Singh Dallewal, uno dei leader della protesta, l’offerta del governo avanzata domenica “non era nell’interesse degli agricoltori”. Ha inoltre annunciato che i manifestanti agricoltori, accampati a circa 120 miglia dalla capitale in attesa dell’offerta del governo, riprenderanno la loro marcia verso Nuova Delhi. Dallewal ha fatto appello al governo affinché risolva i problemi degli agricoltori o rimuova le barricate e permetta loro di protestare pacificamente a Delhi.

Proteste reiterate

Queste proteste hanno rievocato il movimento di oltre due anni fa, quando decine di migliaia di agricoltori si erano accampati ai margini di Nuova Delhi per oltre un anno contro le leggi sull’agricoltura, che il governo alla fine ha abrogato. Questa volta, i contadini hanno guidato i trattori dai vicini stati di Haryana e Punjab, denunciando il mancato progresso del governo su alcuni punti chiave. Al centro delle ultime proteste c’è la richiesta di una legislazione che garantisca prezzi minimi di sostegno per tutti i prodotti agricoli.

Attualmente, il governo protegge i produttori agricoli da qualsiasi calo dei prezzi fissando un prezzo minimo di acquisto per alcune colture essenziali. Si tratta di un sistema introdotto negli anni ’60 per contribuire a sostenere le riserve alimentari e prevenire carenze. I contadini affermano che un prezzo di sostegno minimo garantito per i loro raccolti stabilizzerebbe i loro redditi. Stanno anche esercitando pressioni sul governo affinché mantenga le promesse di raddoppiare le loro entrate, rinunciare ai prestiti e ritirare le cause legali intentate contro di loro durante le proteste del 2021.

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