In Piazza dell’Indipendenza a Roma, dal 1962 vi è la sede del Consiglio Superiore della Magistratura, Organo di autogoverno prersieduto dal Capo dello Stato.
È un palazzo, denominato da 62 anni “Palazzo dei Marescialli” che , dal 12 febbraio, si chiama “Palazzo Bachelet” in omaggio alla figura di Vittorio Bachelet, vicepresidente del Csm dal 1976 al 12 febbraio 1980 quando fu ucciso dalle Brigate Rosse.
Vittorio Bachelet, nato a Roma il 20 febbraio 1926, giurista, politico italiano, anche come dirigente dell’Azione Cattolica in qualità di esponente della Democrazia Cristiana, è conosciuto come professore universitario e ricordato per essere stato ucciso, appunto, da un nucleo armato delle Brigate Rosse, il 12 febbraio del 1980, al termine di una lezione, mentre conversa con la sua assistente Rosy Bindi, sul mezzanino della scalinata della Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, dove gli viene dedicata un’aula.
La storia di questo Palazzo risale al 1877, data della licenza edilizia per la costruzione di un villino tra la piazza dell’Indipendenza e Via San Martino della Battaglia. Successivamente, con altro progetto, si decide di realizzare l’attuale palazzo, intorno al quale si susseguono passaggi di proprietà e progetti di ampliamento fino al 1923.
Sotto il governatorato di Roma, nel 1935, il palazzo viene selezionato come sede dei Marescialli d’Italia, con relativi lavori di ristrutturazione, nelle mani della famiglia Rosa Sestieri in Castelnuovo sin dal 1920, fino al decreto di esproprio nel 1939 da parte del prefetto di Roma.
Vittorio Bachelet, figlio di genitori torinesi, di origini francesi, segue il padre – ufficiale dell’esercito – a Roma negli anni della Seconda guerra mondiale, ove frequenta la facoltà di giurisprudenza presso l’Università La Sapienza. Dopo la laurea, nel 1947, diventa assistente volontario presso la cattedra in diritto amministrativo, ove in seguito, ottiene la libera docenza proprio in diritto amministrativo e in istituzioni di diritto pubblico. Dal 1977 diventa ordinario di Diritto amministrativo, dopo essere stato, tra l’altro, docente anche presso le università di Pavia e di Trieste.
Nelle discipline giuridiche ricordiamo anche alcune sue opere di pregio, tra le quali nel 1957 il volume sull’attività di coordinamento nell’amministrazione pubblica dell’economia, conosciuto come punto di riferimento nella legislazione nazionale e comunitaria. Nel 1962 pubblica un’opera sul rapporto fra disciplina militare e ordinamento statale alla luce della Costituzione, rivelatosi molto utile nella circostanza della riforma dell’ordinamento militare di quel periodo.
Per Bachelet, laureatosi proprio nella fase costituente, non poteva mancare un ampio saggio su “costituzione e amministrazione”, definendo l’entrata in vigore della Costituzione “una fase nuova anche nel nostro sistema di giustizia amministrativa” (1966).
Nella sua attività politica fu eletto consigliere comunale della Capitale alle elezioni amministrative del 1976.
Ma il momento significativo dal quale scaturisce l’attuale riconoscimento della sede del CSM a suo nome è quella del 21 dicembre 1976 quando viene prescelto dal Parlamento, all’incarico di Vicepresidente, tragicamente interrotto il 12 febbraio 1980, al termine di una lezione, mentre conversa con la sua assistente Rosy Bindi, da un nucleo armato delle Brigate Rosse sul mezzanino della scalinata della Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, dove gli viene dedicato un’aula.
Ai funerali presso la Chiesa di San Roberto Bellarmino in Roma, il figlio venticinquenne Giovanni, durante la preghiera dei fedeli pronuncia queste parole:
“Preghiamo per i nostri governanti: per il nostro presidente Sandro Pertini, per Francesco Cossiga. Preghiamo per tutti i giudici, per tutti i poliziotti, i carabinieri, gli agenti di custodia, per quanti oggi nelle diverse responsabilità, nella società, nel Parlamento, nelle strade continuano in prima fila la battaglia per la democrazia con coraggio e amore.
Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri.”
Nel 1988, in seno all’Azione Cattolica, nasce l’Istituto Vittorio Bachelet, per l’affermazione dei laici in campo politico e sociale, con convegni, seminari e sussidi, interpretando proprio la sua sensibilità, come lo stesso Bachelet – in vita – aveva avuto modo di scrivere, affermando che:
““È urgente formare generazioni nuove a un senso della società, non certo per avere “riserve” per le future formazioni ministeriali – per cui ci sono anche troppi aspiranti – ma per continuare piuttosto con una diffusione nel corpo sociale, quel servizio che, almeno in parte, è già stato offerto per il vertice; per formare cioè una “classe dirigente” come si suole dire, intesa però non in senso solamente politico, ma come guida cristianamente ispirata dell’opinione, della stampa, dei costumi, dell’educazione non solo scolastica (ma anche – ad esempio cinematografica), delle relazioni di lavoro, della vita professionale in genere.”
In queste due citazioni, rispettivamente, in tempi diversi che i Bachelet, padre e figlio, ci hanno consegnato, sono concentrate tante sensibilità e visioni che sogniamo ancora oggi.