L’idea è ambiziosa e non può essere ridotta solo ad un espediente per ridurre i flussi migratori. Si tratta di impostare una vera politica estera e di cooperazione con i Paesi dell’Africa che l’Italia e l’Europa non hanno mai avuto.
Reagire al neocolonialismo russo-cinese
Negli ultimi venti anni il Continente africano è stato al centro delle attenzioni di Cina e Russia che, con metodi diversi, ma entrambi di stampo neocoloniale, hanno messo le mani su gran parte di quegli stati, per appropriarsi delle loro materie prime, per allargare le loro sfere di influenza politica e militare e, in alcuni casi, per pilotare colpi di stato e creare regimi fantoccio. Il tutto sotto gli occhi distratti dell’intero Occidente. Quando Meloni lo ha lanciato 18 mesi fa, il Piano Mattei sembrava uno slogan ad effetto perché evocava un personaggio geniale e coraggioso: il fondatore dell’Eni, che tra il 1953 e il 1962, aveva rivoluzionato il modo di gestire i rapporti con i Paesi africani, e non solo. Guardato con sufficienza dalla sinistra, il piano è stato accusato di essere una scatola vuota, uno dei tanti diversivi cui la politica ricorre per farsi bella a chiacchiere.
Il momento della verità
Ora però è arrivato il momento della verità. Il Piano ha una cabina di regia guidata da Meloni, c’è una struttura di missione, ci sono 4,5 miliardi da spendere nei prossimi anni. Ma, soprattutto, pare esserci una visione. Si tratta di collaborare su base paritaria con questi Paesi su 17 macro temi che prefigurano l’ideazione e la realizzazione non di iniziative spot ma di una organica collaborazione che duri nel tempo. Si obietterà che dovendo riguardare almeno la metà del 54 Paesi africani occorrerebbero risorse ingenti di cui non disponiamo. È vero. Il Piano vuole mobilitare anche risorse private per creare anche opportunità di business per le nostre aziende.
Un progetto pilota per l’Europa
Ma il vero nodo da affrontare consiste nel trasformare il Piano Mattei in un progetto pilota che dovrà coinvolgere tutta l’Europa. È questa l’ambizione più grande che Meloni deve coltivare. L’Italia, una volta tanto, può diventare il fulcro di una indispensabile politica estera europea per il Continente africano. Per questo il Piano Mattei va riempito di contenuti strategici senza disperdere risorse per interventi a pioggia. Un punto su cui fin d’ora meloni potrebbe coinvolgere l’Unione europea è nella creazione di centri europei per i migranti nei Paesi africani che hanno il più alto tasso di emigrazione Realizzando in quegli Stati attività di formazione si potranno riqualificare tanti lavoratori sia per trattenerli nei loro Paesi sia per portarli in Europa senza che si affidino alle mafie dei trafficanti di esseri umani.