Dopo le tante pressioni su Israele ieri si è tornati di nuovo punto e a capo: è Hamas che non accetta di trattare. L’Egitto ha riferito, attraverso un suo funzionario, che i miliziani hanno rifiutato la proposta di Israele di liberare gli ostaggi in cambio di un cessate il fuoco per due mesi. Vogliono che cessi completamente l’offensiva militare e chiedono il ritiro totale delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza. Insomma la posta è sempre più alta e sempre inaccettabile. Egitto e Qatar, intanto, ripiegano su un piano in più fasi nel tentativo di trovare un accordo possibile: la fine della guerra, il rilascio degli ostaggi e la presentazione di una proposta per un futuro di pacifica convivenza. Intanto le forze di terra di Israele hanno completato l’accerchiamento di Khan Yunis, la regione a sud della Striscia che è ritenuta una roccaforte di Hamas. Sono state fatte evacuare migliaia di persone alle quali è stato suggerito di andare verso il mare e la zona umanitaria di Moassi.
Si apre il fronte con il Libano
Il premier Netanyahu ha detto che ieri è stato “uno dei giorni più pesanti del conflitto”, decine di terroristi sono stati uccisi, ma sono morti anche 21 militari israeliani che si trovavano nel campo profughi di Maghazi. ”Sono cosciente” ha detto il primo ministro, “che la vita delle famiglie degli eroici soldati caduti cambierà per sempre. Io provo dolore per queste perdite e abbraccio i parenti dei nostri militari.” A ucciderli è stato un razzo anticarro di Hamas che ha fatto crollare due edifici dove si trovavano i soldati che stavano ispezionando munizioni e attrezzature tecniche. La Brigata Al Qassam, ala militare di Hamas, ha rivendicato l’attacco. Mentre a nord della Striscia, dove c’è stato un intenso scambio di fuoco, la situazione è in evoluzione per i ripetuti attacchi degli Hezbollah.
Il dramma degli ostaggi
Dunque non è vicina nessuna soluzione per la pace e si perpetua il dramma dei civili presi in ostaggio. Una donna, poi rilasciata, e sua figlia ieri hanno raccontato davanti ad una Commissione della Knesset che “donne e uomini sono violentati dai terroristi nei tunnel sotto la Striscia.” “I terroristi – ha detto la donna – portano vestiti da bambole per le ragazze. Hanno trasformato le ragazze nelle loro bambole, con cui possono fare quello che vogliono.” Anche un’altra ex ostaggio ha riferito che “ci sono ragazze lì senza mestruazioni da molto tempo e forse è per questo che dovremmo pregare, che sia il corpo a proteggerle in modo che, Dio non voglia, non rimangano incinte.” Un gruppo di parenti degli ostaggi hanno chiesto alle autorità di fare qualunque cosa per riportare a casa chi è stato sequestrato il 7 ottobre, soprattutto le giovani donne, particolarmente esposte al rischio di abusi e violenze sessuali.
L’Onu ci riprova e l’Ue chiede i due Stati
Ieri sera si è riunito nuovamente il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. I ministri degli Esteri della Russia, della Francia e della Turchia hanno lavorato anche con il ministro iraniano Hossein Amir-Abdollahiyan per carcare un accordo-proposta per Israele. Prima dell’incontro il russo Lavrov ha visto a New York il suo omologo iraniano per mettere a punto una strategia che consenta Israele ad accettare un cessate il fuoco e nel contempo avvertire gli Stati Uniti di non alimentare la diffusione del conflitto. Sulla questione dei due Stati è intervenuto anche l’Alto Rappresentante per la politica Estera dell’Unione Europea, Josep Borrell, secondo il quale “Israele non ha alcun diritto di veto all’autodeterminazione del popolo palestinese, riconosciuta dalle Nazioni Unite.”
Sunak: non esiterò a intervenire
Quanto alla situazione sul mar Rosso, il primo ministro inglese, Rishi Sunak, riferendo alla Camera dei Comuni, ha detto che “non esiterà” a intervenire nuovamente contro gli Houthi. Il primo ministro inglese ha ribadito che non si vuole nessuna escalation militare, ma gli attacchi alle navi mercantili “devono finire.” Poi ha annunciato una nuova missione per il ministro degli Esteri, Cameron, che sarà in Medio oriente nei prossimi giorni proprio per dimostrare la buona volontà inglese per una soluzione dei conflitti. Anche il leader laburista Keir Starmer ha confermato il sostegno all’intervento angloamericano nel mar Rosso.