domenica, 29 Settembre, 2024
Società

C’era una volta l’abuso d’ufficio…

Ai raffinati intellettuali che continuano a sbeffeggiare la “paura della firma” che è alla base del consenso trasversale ricevuto dal ministro Nordio per l’avvio dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio, mi permetto di rappresentare quanto sta accadendo – a livello locale – a proposito delle conseguenze subite da dirigenti e amministratori per essere finiti sotto accusa, penale e contabile, non avendo tempestivamente represso presunti reati di lottizzazione abusiva, asseritamente compiuti da privati che – dopo aver edificato i loro edifici sulla base di regolare permesso di costruire – hanno visto il loro manufatto sequestrato, comparendo sul banco degli imputati unitamente ai pubblici ufficiali rei di non aver bloccato le relative attività edificatorie.

Quanto sto per riferire ha valore essenzialmente esemplificativo, potendo essere moltiplicato rispetto a molte altre manifestazioni della discrezionalità amministrativa: ho scelto però la materia urbanistica perché è quella nella quale più spesso capita ai cittadini di imbattersi in dirigenti amministrativi timorosi a tal punto da neanche prendere in considerazione le esigenze abitative di chi a loro si è rivolto.

Nel nostro ordinamento, anche per procedere alla lottizzazione di un terreno, è infatti richiesta una specifica autorizzazione rilasciata dagli uffici locali che quegli stessi dirigenti reggono.

La lottizzazione abusiva si riferisce così all’atto di suddividere e vendere terreni per la costruzione di edifici senza le necessarie autorizzazioni previste dalle vigenti leggi statali o regionali che disciplinano la materia urbanistica (che è cosa diversa dalla materia edilizia, come fondata sui permessi di costruire e sugli altri strumenti in assenza dei quali un manufatto deve anch’esso esser definito come “abusivo”).

Questa pratica è giustamente considerata illecita, in quanto viola le disposizioni urbanistiche e di pianificazione territoriale previste per garantire uno sviluppo del territorio controllato e sostenibile.

Ogni attività lottizzatoria potrebbe infatti portare a conseguenze negative sull’ambiente, sull’assetto urbanistico del territorio e sulla qualità della vita dei residenti, per il fatto stesso di avvenire al di fuori di ogni contesto pianificato e regolamentato.

Il concetto di lottizzazione abusiva si configura perciò quando, alternativamente:

Un’area venga suddivisa in lotti, al fine di essere venduta o edificata.
2. La suddivisione avvenga senza le autorizzazioni urbanistiche necessarie.

La lottizzazione stessa possa apparire in contrasto con le disposizioni del Piano Regolatore Generale, quale primo strumento di pianificazione territoriale a livello locale
Il nostro Legislatore ha dunque previsto dunque sanzioni, sia penali che amministrative, a carico di chi si renda responsabile del reato di lottizzazione abusiva: queste possono concretizzarsi in multe, confische dei terreni e demolizione delle costruzioni realizzate illegalmente.

La lotta contro gli abusi è parte integrante delle politiche di tutela del territorio e dell’ambiente, e mira a preservare l’integrità paesaggistica e urbanistica delle aree soggette alla relativa regolamentazione.

Risulta da quanto appena descritto come – per essersi in presenza di una lottizzazione abusiva – il terreno sul quale può esser perpetrato un simile reato debba necessariamente apparire non edificato, o perlomeno scarsamente edificato, e almeno privo delle necessarie opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

Chiarissima è – in questo senso – la definizione che, di questo istituto, viene offerta dall’articolo 30, comma 1, del DPR n. 380/2001, a termini del quale “si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni stessi, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti”.

Purtroppo però i giudici penali non sono d’accordo a limitare la relativa fattispecie all’assenza di previa, significativa, attività edificatoria, poiché – a loro avviso – un simile reato sarebbe “configurabile sia con riferimento a zone assolutamente inedificate, sia con riferimento a zone parzialmente urbanizzate in cui sussista un’esigenza di raccordo con il preesistente aggregato abitativo” (v. Cass. Pen., Sez.III, n. 37472/2008).

I giudici amministrativi, a loro volta, non hanno voluto essere da meno dei loro colleghi, giungendo ad affermare come sussista lottizzazione abusiva “anche laddove per singole opere edilizie sia stato rilasciato un titolo abilitativo che tuttavia, valutata nella sua interezza l’attività edificatoria, abbia determinato una variazione della destinazione d’uso dei manufatti già realizzati, in contrasto con la strumentazione urbanistica vigente.” (v. Cons. Stato, Sez. VI, n. 5064/2022): si passa così, dall’ipotesi dell’assenza di manufatti già edificati, addirittura a quella del cambio di destinazione eventualmente impresso a questi ultimi, dimenticando completamente le ragioni che – in origine – avevano ispirato il Legislatore.

Per demolire simili indirizzi della giurisprudenza, sarebbe fin troppo facile ricordare che la legge penale non è suscettibile di interpretazioni che vadano ad ampliarne il contenuto originario; ma provate a ricordare questo principio ermeneutico a qualche dirigente comunale che, prudentemente, si sia dichiarato d’accordo con la giurisprudenza prima indicata, ponendola alla base del suo comportamento amministrativo: potreste riceverne una risposta che vi lascerebbe di stucco … o per la sua contorta verbosità o, addirittura, per la sua volgarità!

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