venerdì, 15 Novembre, 2024
Attualità

Miopia e riflessi lenti difetti delle classi dirigenti

È presto per fare il lungo elenco delle lezioni che la politica (non solo quella italiana ed europea) dovrebbe imparare dalla pandemia. Ma alcune considerazioni possiamo considerarle già acquisite. E si tratta di due difetti gravissimi delle classi dirigenti che sono al comando nei Paesi che contano nel mondo: la miopia e i riflessi lenti.

Era così difficile prevedere che il virus sconosciuto si sarebbe diffuso da un Paese popolato e centrale come la Cina a tutto il mondo? I primi casi fuori della Cina (Stati Uniti e Germania) si sono verificati a fine gennaio… Ma solo con 40 giorni di ritardo si è corsi a ripari, dopo aver sempre sottovalutato la realtà e pensato che fosse solo un problema di altri. Tutti in Europa erano convinti fino a qualche giorno fa che fosse solo l’ Italia a doversela vedere con il coronavirus… Il nostro governo ha dichiarato fin dal 31 gennaio lo stato di emergenza sanitaria ma le misure vere e drastiche sono state adottate solo 37 giorni dopo, ben 15 giorni dopo lo scoppio, il 21 febbraio, del primo grave focolaio a Codogno… Insomma non una grande prova collettiva di capacità di governo.

Le classi dirigenti dovrebbero avere lungimiranza, dovrebbero guardare avanti per individuare per tempo soluzioni a problemi e non farsi trovare impreparate. E dovrebbero avere una reattività rapida alle situazioni di crisi per evitare che esse peggiorino. Per fare questo dovrebbero disporre di strumenti che solo la conoscenza e l’esperienza, oltre alla dedizione alla causa, possono fornire.

Un tempo c’erano le ideologie che con il loro bagaglio di soluzioni preconfezionate avevano una soluzione per ogni problema. In realtà si trattava di un inganno, perché le ideologie per loro natura tendono ad essere chiuse, intolleranti verso ciò che le mette in discussione e quindi incapaci di cogliere le novità che i loro assiomi e teoremi non riescono a identificare e spiegare.

Le ideologie, però, offrivano un quadro di valori, spesso smentito nella pratica quotidiana, ma comunque orientativo. È stato un bene disfarsi delle ideologie chiuse, che portano al totalitarismo e alla negazione della realtà. Ma il loro posto è rimasto vuoto, perché è mancata la crescita di una solida cultura politica che deriva dalla fede in alcuni valori, dalla conoscenza della storia e della complessità della vita associata, dall’esperienza acquisita -anche in altri campi- nella gestione di situazioni difficili. Questo non vuol dire che le classi dirigenti dovrebbero esser formate da Premi Nobel di età superiore ai 60 anni.

La politica non è fatta per tutti, bisogna avere una passione particolare, una vocazione, una buona dose di intuito. Ma non basta. Serve una grande elasticità mentale per apprendere rapidamente, per saper consultare gli esperti e fidarsi di quelli migliori. È necessario avere un’attitudine al problem solving che si acquisisce anche con esperienze di gestione di situazioni complesse, occorre una memoria storica per capire cosa è successo “prima di noi” per imparare dalla magistra vitae.

Quanti capi di stato e di governo in carica dispongono di questi strumenti?

Le classi dirigenti politiche stanno, invece, copiando i difetti peggiori dei manager delle grandi aziende: visioni di corto respiro, limitate a 2-3 anni, attenzione estrema ai risultati di breve periodo e tendenza a lasciare a chi verrà dopo la soluzione dei veri problemi aziendali che spesso vengono nascosti sotto il tappetto di alti fatturati e utili necessari per ottenere cospicui premi di risultato.

Non è una grande prova di serietà.

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