Il Primo Ministro della Papua Nuova Guinea, James Marape, ha dichiarato uno stato di emergenza nella nazione del Pacifico dopo che sedici persone sono rimaste uccise nei disordini scoppiati mercoledì durante una protesta organizzata da polizia e settore pubblico contro tagli salariali presumibilmente legati a problemi amministrativi.
Mercoledì, la protesta era sfociata nell’illegalità, con migliaia di persone che hanno invaso le strade della capitale, Port Moresby. Nelle violenze, nove persone sono state uccise, mentre altre sette hanno perso la vita a Lae, nel settentrione del paese ricco di risorse minerarie.
In risposta agli eventi tumultuosi, il primo ministro ha sospeso il capo della polizia della Papua Nuova Guinea e alti funzionari dei dipartimenti delle finanze e del tesoro. Marape ha indicato che ci sono prove di disordini organizzati, sottolineando che la revisione in corso mira a garantire democrazia e stato di diritto.
Prevenzione
Circa 1.000 militari rimangono in allerta per prevenire ulteriori disordini, mentre la violenza nella capitale sembra essersi attenuata giovedì sera, grazie all’invio di ulteriori agenti di polizia da parte del governo.
Tuttavia, l’Ambasciata USA a Port Moresby ha emesso un comunicato avvertendo che la situazione potrebbe cambiare rapidamente. Segnalazioni di violenza in altre parti del paese stanno sollevando ulteriori preoccupazioni.
L’ambasciata di Pechino ha confermato che diversi cittadini cinesi sono rimasti leggermente feriti durante gli scontri. I negozi di loro proprietà sono stati oggetto di vandalismo e saccheggi.
Il primo ministro australiano, Anthony Albanese, ha dichiarato che l’Alta Commissione australiana sta monitorando la situazione, ma finora non è stata ricevuta alcuna richiesta di aiuto dalla Papua Nuova Guinea.