mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Economia

Colpire le rendite per ridurre la povertà

Non è bello vivere in un Paese con gravi ingiustizie sociali. E non per buonismo. Accettare che una fascia crescente di popolazione incontri difficoltà crescenti mentre un ristretto numero di” fortunati” continuano ad arricchirsi significa ammettere un mezzo fallimento del sogno di una società libera, democratica e con un benessere che si estende e non diventa privilegio di pochi.

Il tema della disuguaglianza è oggetto di studi e ricerche, che spesso sconfinano in confuse visioni ideologiche con nostalgie marxiste che auspicano una fine dell’economia di mercato,

Una sana economia di mercato

Il cosiddetto capitalismo – ormai il termine è talmente impreciso e desueto che sarebbe meglio non utilizzarlo – nella sua lunga storia ha portato comunque al miglioramento delle condizioni di vita di larghi strati della società che in altri regimi erano rimasti confinati in sacche di emarginazione. L’economia di mercato basata sull’iniziativa privata è tutt’ora il sistema migliore per allocare con una certa razionalità ed efficienza le risorse e per generare ricchezza. Il problema nasce quando la redistribuzione della ricchezza prodotta viene frenata da norme e comportamenti che negano la stessa “anima” ispiratrice dell’economia di mercato.

La colpa è delle rendite

In pratica, all’origine del dilagare delle disuguaglianze non c’è tanto il culto sproporzionato del profitto ma c’è la diffusione di rendite di posizione che consentono a chi più ha di poter alterare le regole di una sana economia di mercato e di accumulare privilegi. L’eccesso di disuguaglianza a lungo andare genera sempre dei contraccolpi sociali, politici ed anche economici. Una società fatta di pochi super-Paperoni non è una società più ricca ma una riedizione di vecchie forme di aristocrazie che vengono premiate non perché producono più ricchezza ma perché sono in grado di accaparrarsene molta.

Bassa crescita, corporativismo e aumento della povertà

Per tornare all’Italia, un dato è evidente: l’aumento della povertà che riguarda ormai il 12% delle famiglie va di pari passo con una diminuzione della ricchezza complessiva del Paese e un aumento della ricchezza detenuta da una percentuale sempre minore di famiglie. Diseguaglianza, concentrazione di ricchezza e bassa crescita sono, purtroppo un circolo vizioso. E’ l’aumento della rendita e non quello del profitto a frenare la crescita del nostro Paese. E da questo deriva anche il crescente divario sociale.

Una politica sociale equa di sviluppo

Tutto questo dovrebbe far riflettere la sinistra che non ha saputo intervenire negli anni passati per punire le rendite, premiare chi creava ricchezza e distribuirla in modo più equo . Ora tocca alla Destra dimostrare di essere capace di attuare una vera politica sociale basata sul rilancio dell’economia, lo sbaraccamento di rendite di posizione e un radicale cambiamento nella redistribuzione dei redditi e soprattutto dei servizi sociali. A cominciare dalla sanità che ormai sta diventando un lusso per pochi e non un è più servizio universale per tutti.

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