Secondo quanto emerge da un’indagine del Crea Alimenti Nutrizione, Il rifiuto di alcuni cibi da parte dei bambini aumenta nelle famiglie che hanno una scarsa aderenza alla dieta mediterranea ed è più accentuato nei figli unici. La neofobia alimentare, definita come riluttanza a mangiare cibi nuovi o non familiari, riguarda principalmente frutta, verdura e legumi, tipici della dieta mediterranea, il cui apporto di nutrienti nell’alimentazione è fondamentale per un buono stato di salute. Un campione di 288 bambini di età compresa tra 3 e 11 anni ha partecipato, tramite i genitori, a un questionario, somministrato da un ricercatore attraverso una intervista face to face, per valutare rispettivamente la neofobia alimentare e l’aderenza alla dieta mediterranea con la Child Food Neophobia Scale (Cfns) e il test Kidmed.
I dati
La maggior parte del campione ha mostrato un livello intermedio (67,3%) o alto di neofobia alimentare (18,1%), con tassi elevati tra i bambini di età compresa tra 6 e 11 anni (63,9%) e, soprattutto, nei figli unici (50%). L’aderenza alla dieta mediterranea è risultata per lo più bassa (29,5%) o media (54,8%) e ha raggiunto livelli inferiori tra i bambini più neofobici (51,9%; valore p “0,05). I risultati attuali confermano l’ipotesi dello studio secondo cui la neofobia alimentare è un fattore trainante dell’abbandono della dieta mediterranea mentre la presenza di eventuali fratelli mostra effetti positivi sull’alimentazione. “Questo studio conferma che molti bambini in Italia sono neofobici”, dichiara Laura Rossi, ricercatrice Crea e coordinatrice dell’indagine.
Sovrappeso e obesità
“La neofobia nei bambini comporta una alimentazione più disordinata e meno in linea con i dettami della dieta mediterranea con il rischio di una maggiore propensione a sovrappeso e obesità. Purtroppo, queste abitudini alimentari tendono a mantenersi tali anche in età adulta per cui è bene attuare da subito strategie di correzione con il buon esempio in famiglia e incoraggiando il bambino neofobico ad ampliare gradualmente le proprie scelte alimentari. In futuro, si punterà ad aumentare la numerosità del campione per avere una maggiore rappresentatività delle variabili studiate rispetto alla popolazione generale”, conclude Rossi.