Il governo si appresta a brindare al si definitivo del Parlamento alla manovra per il prossimo anno. 24 miliardi di cui 15 circa finanziati con extra deficit. Non si poteva fare di più date le circostanze. Ma il rischio è che la prossima volta si debba fare di meno. E sarebbe una mezza tragedia.
La strettoia che si prospetta davanti al cammino del Governo è frutto di 5 fattori: impegni di spesa già previsti per sanità e stipendi pubblici, la conferma annuale del taglio del cuneo fiscale e dell’accorpamento delle prime due aliquote Irpef, un rallentamento della crescita e, soprattutto due macigni: il peso dei bonus edilizi e l’entrata in vigore delle nuove regole del Patto di stabilità che imporranno una riduzione significativa del deficit. Uno scenario che rende piuttosto difficile poter contare anche per la prossima legge di Bilancio su un altro extradeficit di 15 miliardi come quello di quest’anno.
Extradeficit impossibile per il 2025
Se, quindi, Meloni e Giorgetti possono tirare un sospiro di sollievo escludendo da qui alle elezioni europee una manovra correttiva, già ad aprile, nello scrivere il Documento di Programmazione e Finanza cominceranno a dover lavorare di fantasia.
L’unica buona notizia potrebbe provenire dalla discesa dei tassi della Bce: il denaro meno caro potrebbe immettere un po’ di ossigeno in un’’economia che dopo il boom post covid è tornata all’antico grigiore della crescita zero virgola.
Che fare? Quando è arrivata a Palazzo Chigi meloni forse non si aspettava di trovare una cambiale da pagare da qui al 2026 pari a circa 20 miliardi l’anno per colpa degli eccessi dei bonus fiscali elargiti in maniera sconsiderata. Forse si aspettava che l’onda lunga della crescita del 2021 e del 20922 reggesse un po’ di più anche per effetto del Pnrr. Non è andata così.
Una terapia in quattro interventi
Di fronte a questo scenario si possono ipotizzare 4 interventi.
Il primo riguarda la riqualificazione della spesa pubblica che, al netto degli interessi da pagare sul debito, nel 2023 ammonta a circa 716 miliardi. Molta di questa spesa è rigida ma con una saggia spending review che tagli sprechi e inefficienze, almeno 10 miliardi dovrebbero poter essere risparmiati e utilizzati per investimenti in conto capitale.
Il secondo intervento riguarda le semplificazioni normative e procedurali per rendere più facile la vita a cittadini e imprese e facilitare gli investimenti.
Il terzo riguarda la concorrenza: ce n’è poca in Italia, soprattutto nei servizi, e questo comporta spese improprie per famiglie e imprese e un maggior onere che ricade sui consumi e sui costi.
Quarto intervento un patto per la crescita con imprenditori e sindacati per pianificare 3 anni di pace sociale e di maggiore produttività e di salari più alti.
Orgoglio nazionale e visione politica
Non servono miracoli ma una visione più ampia. Il Governo può farcela ma deve creare un clima più collaborativo, più orientato al risultato e meno condizionato dalle scaramucce interne alla maggioranza o dalla voglia di umiliare un’opposizione praticamente inesistente. Se davvero si vuole ridestare un po’ di orgoglio nazionale questa è la strada giusta.