Una ricerca condotta da un’organizzazione no-profit ambientalista ha rivelato che circa quindici membri della delegazione dell’Arabia Saudita alla Conferenza sul Clima COP28, svoltasi a Dubai, potrebbero essere dipendenti non dichiarati della compagnia petrolifera statale saudita, Saudi Aramco. L’Arabia Saudita, in quanto secondo produttore di petrolio al mondo, ha storicamente contrastato gli sforzi volti a eliminare gradualmente i combustibili fossili, ma quest’anno i negoziatori hanno preso in considerazione l’abbandono di tali fonti energetiche per la prima volta. La presenza dei rappresentanti di grandi nazioni produttrici di petrolio ai colloqui ambientali è da tempo motivo di preoccupazione tra gli attivisti, dato il ruolo centrale che svolgono nelle emissioni responsabili del cambiamento climatico. Quest’anno, le nuove regole della conferenza richiedevano ai partecipanti di rivelare la propria affiliazione, un passo volto a migliorare la trasparenza dei negoziati. Secondo l’organizzazione ambientalista Global Witness, circa 14 membri della delegazione saudita avevano nomi che corrispondevano a dipendenti di Saudi Aramco, mentre altri due hanno ammesso un’associazione con la compagnia petrolifera ma non l’hanno dichiarata ufficialmente alla conferenza. Uno di questi era addirittura un membro del consiglio. Sorprendentemente, nonostante l’elevato numero di dipendenti di organizzazioni legate ai combustibili fossili registrati per partecipare ai colloqui, Aramco non aveva dichiarato alcun delegato alla conferenza di quest’anno.
Combustibili fossili
L’Arabia Saudita, notoriamente resistente agli sforzi internazionali di limitare le fonti energetiche inquinanti, ha quest’anno accettato di prendere in considerazione l’abbandono graduale dei combustibili fossili, segnando un cambiamento significativo rispetto al passato. Tuttavia, i critici sostengono che l’accordo approvato è intriso di lacune e compromessi che potrebbero vanificare gli sforzi globali per affrontare il cambiamento climatico. La scoperta della presunta presenza di dipendenti non dichiarati di Saudi Aramco nella delegazione saudita solleva seri interrogativi sulla trasparenza delle negoziazioni e sulla vera volontà dell’Arabia Saudita di aderire agli obiettivi ambientali globali. Gli attivisti continuano a sollecitare un’indagine approfondita e misure concrete per garantire che le delegazioni ai futuri vertici climatici siano trasparenti e rappresentative, senza l’influenza non dichiarata di interessi legati ai combustibili fossili.