Il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha preso atto che il Consiglio di sicurezza dell’Onu è “paralizzato dalle divisioni geostrategiche”. “L’autorità e la credibilità dell’organismo sono state gravemente minate” dal ritardo nella risposta al conflitto, ha affermato, commentando il voto sulla risoluzione presentata dagli Emirati Arabi. “Ho ribadito il mio appello affinché venga dichiarato un cessate il fuoco umanitario”, ha detto Guterres, ma “purtroppo il Consiglio di Sicurezza non è riuscito a farlo.” “Posso promettere che non mi arrenderò.”
Le armi americane
È iniziata con l’ammissione dell’ennesimo fallimento dell’Onu la giornata di ieri e si è conclusa con le dichiarazioni del Segretario di Stato americano Antony Blinken che ha difeso la vendita d’emergenza a Israele di quasi 14 mila munizioni per carri armati e ha chiesto una rapida approvazione da parte del Congresso di oltre 100 miliardi di dollari in aiuti per Israele, Ucraina e altre priorità di sicurezza nazionale. “È qualcosa su cui il Presidente è pienamente disposto a impegnarsi” ha detto Blinken, che ha anche fatto il giro delle televisioni nazionali per spiegare all’opinione pubblica statunitense che non si può lasciare Israele al proprio destino perché sta combattendo Hamas, e che la posta in gioco è particolarmente alta anche per l’Ucraina.
Netanyahu rimprovera Putin
Lo diceva mentre Putin e Netanyahu avevano una lunga conversazione telefonica incentrata sulla “situazione umanitaria nella Striscia di Gaza”, ma anche sui rapporti tra Russia e Iran. Putin si è detto “pronto a fornire ogni possibile assistenza per alleviare le sofferenze dei civili” e a impegnarsi per evitare l’escalation militare. Netanyahu, però, non ha mancato di esprimere a Putin disapprovazione per le dichiarazioni contro Israele e per relazioni “pericolose” con l’Iran. Il primo ministro israeliano ha sottolineato che qualsiasi paese che dovesse subire un attacco terroristico come quello subito da Israele il 7 ottobre, agirebbe con forza non inferiore a quella di Israele.
Ostaggi. Trattative ferme
Quanto agli ostaggi non se ne parla da giorni, sia l’Egitto – dove si stanno svolgendo le elezioni presidenziali – che il Qatar ammettono che le trattative sono in stallo, e ieri si sono fatti sentire i famigliari delle persone ancora prigioniere di Hamas. Diverse centinaia manifestanti si sono riuniti a Tel Aviv per chiedere il rilascio degli ostaggi “a qualunque prezzo.” Gli ostaggi israeliani erano 240 all’inizio, poi a fine novembre 105, tra i quali 80 israeliani, sono stati rilasciati grazie all’accordo di tregua durato sette giorni. In cambio del rilascio di 240 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Hamas però continua a minacciare: “Israele non sarà in grado di recuperare nessuno dei suoi ostaggi a meno che non si impegni in colloqui su accordi di scambio mirati”, ha detto Abu Obaida, portavoce delle Brigate al-Qassam, in un messaggio pre registrato trasmesso da Al Jazeera. “Diciamo agli israeliani che Netanyahu, Gallant e altri membri del gabinetto di guerra non possono riportare indietro i loro prigionieri senza negoziati.”
Operazione militare a tempo indefinito
A rispondere è Tzachi Hanegbi, consigliere della sicurezza nazionale israeliano, che si è detto “ottimista” riguardo la campagna di Gaza. Ha aggiunto che dagli Stati Uniti non c’è nessuna scadenza fissata dell’operazione militare anche perché “capiscono che non sono in grado di dire all’esercito israeliano quanto tempo sarà necessario per raggiungere gli obiettivi” perché il raggiungimento degli obiettivi “non può essere misurato né in settimane né in mesi. L’esercito israeliano raggiungerà qualsiasi punto voglia a Gaza.” La conferma viene anche da Blinken che alla domanda della Cnn: quanto durerà la guerra? Ha risposto che “questo tipo di decisioni spetta a Israele.” Per Hanegbi uno degli obiettivi fondamentali resta Yahya Sinwar, leader di Hamas: “l’uccisione di Sinwar è il punto chiave per raggiungere gli obiettivi della guerra: rovesciare Hamas e liberare gli ostaggi”.
Rilasciati parte degli arresi
Da parte di Israele, ieri, c’è stato anche un chiarimento sulle persone arrestate e denudate, mostrate a tutto il mondo. L’esercito israeliano ha addotto ragioni di sicurezza per giustificare il fatto che i palestinesi, presentati come combattenti di Hamas, sono stati denudati dopo il loro arresto nella Striscia di Gaza. L’esercito israeliano sta “arrestando e interrogando” i sospetti, ha spiegato ai giornalisti il portavoce militare, Daniel Hagari. “Coloro che non prendono parte ad attività terroristiche vengono rilasciati e i detenuti vengono trattati in conformità con il diritto internazionale.” Quanto al fatto che fossero senza vestiti, il militare ha spiegato che “spesso è necessario che i sospettati di terrorismo si tolgano gli indumenti per poter essere perquisiti e verificare che non nascondano cinture esplosive o altre armi.” Circa 40 degli arrestati sono risultati essere effettivamente combattenti di Hamas mentre gli altri, una sessantina, non lo erano e sono stati rilasciati. “Negli ultimi giorni decine di terroristi di Hamas si sono arresi alle nostre forze. Depongono le armi e si arrendono ai nostri eroici guerrieri. Ai terroristi di Hamas dico: è finita. Non morite per Sinwar, arrendetevi ora”. Lo ha detto il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, in un video messaggio postato sul sul suo profilo X.
Iran, in carcere diplomatico Ue
Le autorità iraniane hanno accusato formalmente un diplomatico svedese dell’Unione europea, detenuto in una prigione di Teheran da oltre 600 giorni, di aver cospirato con Israele, acerrimo nemico della Repubblica islamica, per danneggiare l’Iran. “Johan Floderus è accusato di misure estensive contro la sicurezza del Paese, di un’ampia cooperazione di intelligence con il regime sionista e di corruzione sulla terra”, si legge in una nota dell’agenzia di stampa Mizan Online.
Effetti della guerra in Usa
La rettrice dell’Università della Pennsylvania, Elizabeth Magill, si è dimessa, quattro giorni dopo la sua testimonianza in un’audizione al Congresso a proposito di recenti episodi di antisemitismo e minacce nei campus. Alla domanda se “invocare il genocidio degli ebrei” fosse contrario ai codici di condotta, la rettrice aveva risposto che “non era di per sé una violenza”, scatenando le polemiche che hanno portato alle dimissioni. Mentre, sempre dagli Usa, la Usc Shoah Foundation, fondata dal regista Steven Spielberg ha annunciato che sta raccogliendo testimonianze video delle atrocità commesse dai terroristi di Hamas contro gli israeliani il 7 ottobre, da aggiungere al suo patrimonio di video-testimonianze di sopravvissuti all’Olocausto.