In Italia poco più di 53 mila liberi professionisti hanno gettato la spugna. Dopo oltre 10 anni di crescita continua, interrotta solo dalla pandemia, si è fermata la corsa delle professioni liberali: nel 2022 segnano una flessione del 3,7% rispetto al 2021. Il bilancio diventa ancor più pesante se si considera che negli ultimi quattro anni circa 76 mila professionisti hanno abbandonato la loro attività, con una variazione negativa del 5%. Secondo l’ottavo Rapporto sulle libere professioni di Confprofessioni “il dato che emerge in tutti i paesi europei riguarda il netto calo della componente giovanile: oggi in Europa quasi un libero professionista su due ha più di 50 anni.” Ovvero non c’è ricambio e le professioni liberali invecchiano.
Dimezzati i giovani
Il fenomeno rischia di aggravarsi nel tempo e nonostante i redditi degli iscritti alle casse private siano cresciuti del 14,2% dal 2020 al 2022, continua a calare il numero di under 30 interessati alla libera professione; se nel 2014 il 66% dei laureati in ambito giuridico intraprendeva questa strada, nel 2022 la quota è del 36,1%. Nelle professioni tecniche, architettura e ingegneria civile, ad esempio, la quota è passata dal 61,1% al 38,5%. Praticamente dimezzate in otto anni.
Preferito lavoro dipendente
Di converso l’impetuosa crescita occupazionale successiva alla crisi pandemica assume la forma del lavoro dipendente, che aumenta di oltre 765 mila unità. Così il settore professionale si muove in netta controtendenza rispetto alle dinamiche occupazionali della forza lavoro in Italia. Tra il 2018 e il 2022, infatti, il numero di occupati è cresciuto dello 0,6% ma è stato assorbito quasi esclusivamente dal lavoro dipendente, a scapito di quello indipendente che nello stesso periodo perde 291 mila posti di lavoro. Al 2022 l’aggregato dei liberi professionisti conta poco più di 1 milione 349 mila unità, numeri che corrispondono al 5,8% degli occupati e al 27,1% del complesso del lavoro indipendente. I liberi professionisti calano di circa 53 mila unità dal 2021 al 2022.
Sud perde più professionisti
La flessione degli iscritti colpisce quasi tutte le categorie professionali e risulta più marcata nel Mezzogiorno, che sconta una massiccia ondata migratoria verso le regioni del Centro e del Nord. Un fenomeno che ridisegna anche la configurazione degli studi professionali. Se durante la pandemia i più penalizzati erano stati gli studi con dipendenti, nel 2022 si inverte la tendenza, con il recupero di quasi 11 mila professionisti datori di lavoro (e sono le donne a trascinare la crescita); mentre cala di circa 63 mila unità il numero di professionisti senza dipendenti. Un dato che indica una tendenza a rafforzare i livelli occupazionali e, quindi, una spinta verso i processi aggregativi.
Crescono le donne
Nell’universo del lavoro indipendente la prevalenza maschile si fa più netta che nell’occupazione dipendente (54,9%): schiacciante tra gli imprenditori (75,8%) e i lavoratori autonomi (73,2%), appare elevata anche nel segmento delle libere professioni (64,3% al 2022). Tuttavia i dati evidenziano come i tassi di crescita occupazionale, molto più sostenuti tra le donne, conducano ad un chiaro processo di ribilanciamento di genere all’interno della libera professione: la quota femminile passa infatti dal 29,2% del 2010 al 35,7% del 2022. Si nota come il calo sia stato particolarmente intenso nella componente più giovane (15-34), che diminuisce di quasi il 10% tra 2019 e 2022.
Settori attività, uomini e donne
I due bacini occupazionali – liberi professionisti maschi e femmine – sono radicalmente diversi se si guarda alla loro composizione per settore di attività. Gli uomini sono occupati in larga misura nelle professioni di area tecnica (19,5%), nei servizi alle imprese e tempo libero (19,1%) e nelle professioni che rientrano nel macrosettore commercio, finanza e immobiliare (18,6%). Tra le donne il settore professionale prevalente è quello delle professioni sociosanitarie, dove opera circa una libera professionista su quattro (24%). Seguono le professioni legali (17,7%) e le professioni non ordinistiche dei servizi alle imprese e tempo libero (16,1%)