Uno degli spettacoli meno edificanti della nostra democrazia è l’iter di approvazione della legge di Bilancio. Da più lustri avviene con un sonoro ceffone inferto alle Camere cui viene di fatto impedito di poter discutere il provvedimento più importante del Governo nei tempi e nelle modalità degne di una vera democrazia parlamentare. Il rituale è sempre lo stesso. Il Governo presenta la sua proposta. Le opposizioni sfornano valanghe di emendamenti. Gli stessi partiti di partiti di maggioranza si divertono a scriverne a bizzeffe come se la proposta del Governo non fosse anche la loro. Poi i tempi non bastano. Si ricorre a tagliole o ad altri espedienti procedurali per snellire i lavori parlamentari. E alla fine il Governo, per evitare di ricorrere all’esercizio provvisorio, in fretta e furia, scrive un maxi-emendamento composto da un articolo e centinaia di commi che a volte i parlamentari non fano neanche in tempo a leggere, pone la questione di fiducia, mandando all’aria tutto il lavoro di deputati e senatori.
Finirà così anche quest’anno? La maggioranza è stata richiamata all’ordine da Meloni e a parte tre emendamenti della Lega ha rispettato la consegna. Le opposizioni hanno proposto 2600 emendamenti come se la forza di chi è contro il governo si misurasse in base al numero degli emendamenti. Poiché l’ostruzionismo ormai è un’arma spuntata, intasare i lavori parlamentari con migliaia di emendamenti non ha molto senso. Tanto si sa che così si fornisce alla maggioranza un argomento in più per ricorrere a maxi-emendamento e voto di fiducia.
Molto più serio sarebbe presentare pochi ma validi e importanti emendamenti ed esigere su quelli un confronto con la maggioranza visibile e comprensibile non solo in Parlamento ma anche presso l’opinione pubblica. Ci si può ancora provare. Schlein, Conte, Calenda, Renzi facciano un passaggio formale verso Meloni. Chiedano di poter discutere e votare un centinaio di emendamenti strategici e ritirino tutti gli altri In questo modo ci sarà tempo per un esame approfondito e magari anche un parziale accoglimento di qualche ragionevole proposta di modifica. Ma risparmiateci l’umiliazione del Parlamento. Non è più tollerabile.