giovedì, 14 Novembre, 2024
Società

La riforma costituzionale

Sulle pagine di questo giornale, solo pochi mesi fa ponevo in luce che nel nostro Paese vi una sostanziale concordia in ordine al fatto che il nostro sistema istituzionale si caratterizzi  per un significativa instabilità. Vi è anche unità di vedute tra la popolazione in ordine ai guasti che tale instabilità determina, se è vero che essa dà luogo ad una frammentazione dell’indirizzo politico e, probabilmente, a tale complessa situazione è imputabile anche il grave fenomeno dell’astensionismo.

Orbene, quantunque sia diffusa la consapevolezza dei nostri problemi istituzionali si è sempre stentato di trovare una soluzione a tali problematiche, a causa della discutibile mistica dell’intoccabilità della Costituzione. <al riguardo basti qui ricordare le vicende, che riguardarono la c.d. legge truffa, o i referendum degli inizi del 2000, o la bicamerale D’Alema o da ultimo il tentativo di Renzi.

Adesso l’on. Meloni in preda di un afflato riformistico ha lanciato l’idea della adozione di una riforma di governo attraverso l’abbandono del parlamentarismo –tipico delle monarchie costituzionali- e l’adozione del premierato. Questa forma di governo si caratterizza per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio e non si confonde con la forma di governo presidenziale, poiché la prima, al contrario di quest’ultima, non implica l’abolizione della figura del Capo  dello Stato.

In concreto, la legge costituzionale, approvata in Consiglio dei Ministri, consta di pochi articoli; l’art. 1 abroga il secondo comma dell’art. 59 della Costituzione, cio comporterà che il presidente della Repubblica non possa più nominare cinque senatori a vita nel corso del proprio mandato. L’art. 2, nel modificare l’art. 92 della Costituzione contiene le innovazioni più significative, visto che esso dispone  che il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni.

La stessa norma esprime un principio che andrà ad incidere sulla legge elettorale e la circostanza è alquanto singolare, perché i provvedimenti riguardanti la materia elettorale erano stati sempre adottati con legge ordinaria. In concreto, la norma dispone che la legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio assegnato su base nazionale garantisca ai candidati ed alle liste collegati  al Presidente del Consiglio il 55 per cento dei seggi.

La norma si conclude prevedendo che il Presidente della Repubblica  conferisce al Presidente del Consiglio l’incarico di formare il Governo e nomina su proposta del Presidente del consiglio i Ministri. Ebbene, la norma prevede il conferimento di meri poteri formali.  E’ un formalismo prescrivere che il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio l’incarico a formare il Governo, visto che a un Presidente, eletto dal popolo, è stato il popolo stesso a dargli la legittimazione a governare.

Sostanzialmente invariato è rimasto il procedimento di nomina dei ministri, anche se occorre aspettare di vedere come si assesterà nel prossimo futuro tale procedimento a livello di costituzione materiale, tenuto conto che adesso il presidente della Repubblica avrà come interlocutore un Presidente del Consiglio eletto dal popolo.

L’art. 4 disciplina il procedimento di votazione della fiducia, dettando regole, che sembrano alquanto fantasiose: in concreto la norma prevede che, se il Governo presieduto dal Presidente eletto non ottiene la fiducia, il Presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il governo. In caso neanche questa volta il Presidente eletto ottenga la fiducia il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere. Dicevo che la norma appena esaminata è alquanto fantasiosa, poiché è difficile paventare che Il presidente eletto del popolo non ottenga la fiducia delle Camere, anzi di deve evidenziare che con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio l’istituto della fiducia è del tutto deperita, essendo sostituita dall’elezione.

La norma in esame si conclude, prevedendo l’ aggiunta di un ultimo comma all’art. 94  della Cost., il quale prevede che in caso di cessazione della  carica di Presidente del Consiglio, il Presidente della Repubblica può conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o altro parlamentare eletto in collegamento al Presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il Governo del presidente eletto ha chiesto la fiducia alle camere.

La norma è alquanto oscura, è probabile, però, che essa prenda in considerazione l’eventualità in cui il Presidente eletto non possa formare il Governo per cause diverse dal mancato ottenimento della fiducia.

 

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