lunedì, 1 Luglio, 2024
Ambiente

Presentato il dissalatore più grande d’Italia

L’impianto costerà 82 milioni di euro di cui 27 finanziati con il Pnrr

Produrrà a regime fino circa 60mila metri cubi al giorno di acqua potabile. E’ un dissalatore di nuova concezione, già segnalata nell’ultimo rapporto Svimez sulle utility del Mezzogiorno, presentata a Ecomondo, la fiera in corso a Rimini è sarà realizzato da un’Ati costituita da Cisa spa (capogruppo), Suez Italy, Suez International, Edil Alta ed Ecologica spa, con un gruppo di progettazione guidato da Ai Engineering con Consorzio Uning e Suez Italy, aggiudicataria dell’appalto integrato bandito da Aqp, l’Acquedotto pugliese, per un importo complessivo, al netto del ribasso d’asta, di circa 82 milioni di euro; di cui 27 finanziati con il Pnrr e dovrà essere pronto in due anni. Dietro i francesi, al secondo posto si è piazzato il raggruppamento guidato da Cobar con gli spagnoli di Acciona, davanti al consorzio Infratech e al raggruppamento guidato da Castiglia con Putignano e Faver.

Condotta di 14 chilometri

L’acqua prodotta dal dissalatore sarà inviata, attraverso una condotta interrata della lunghezza di circa 14 chilometri a un serbatoio di 200mila metri cubi nella città di Taranto, collegato alla rete di Aqp estesa in tutta la Puglia. I dettagli del progetto sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa presso la Fiera di Rimini, dal Ceo di Suez Italia, Massimiliano Bianco, dal presidente del Gruppo Cisa, Antonio Albanese e da Giancarlo Chiaia, associato di Idraulica al Politecnico e componente del team progettuale. “Il problema siccità richiede interventi strutturali e suggerisce inevitabili scelte strategiche per evitare di ritrovarsi impreparati in caso di emergenze. La dissalazione, se eseguita con tecniche innovative come in questo caso, può costituire una importante risorsa che coniuga le esigenze della collettività al rispetto ambientale.”

Segnerà il “prima e il dopo”

Secondo progettisti e costruttori l’impianto è il più grande d’Italia, segnerà un cambiamento tra un “prima e un dopo” nella dissalazione perché si basa sulla “tecnologia dell’osmosi inversa”, processo attraverso il quale l’acqua salmastra viene prelevata e incanalata verso una serie di membrane filtranti che trattengono sali e impurità. La tecnologia dell’osmosi inversa produce un basso livello di salamoia di scarto senza alterare in alcun modo l’ecosistema marino, preservando in particolare la “poseidonia”, pianta acquatica sensibilissima alle variazioni in aumento della salinità. Infatti il progetto di Taranto non prevede la dissalazione di acqua di mare, che contiene mediamente 35 grammi di sale in ogni litro, bensì un’acqua di sorgente (quella del Tara) che ha una salinità di soli 3-4 grammi/litro, un decimo di quella marina. Ciò consente uno smaltimento della salamoia prodotta (1/5 di quella dell’acqua marina) come accade per acque di pioggia, reflui depurati, ecc… senza incidere in alcun modo sull’ecosistema.

630 litri al secondo

Nel caso del dissalatore di Taranto, le acque residue dell’impianto e la salamoia, saranno convogliate in un’apposita località nell’area portuale di Taranto. L’impianto è pensato per produrre una portata di 630 litri al secondo che ridurrà l’emungimento delle acque di falda che attualmente costituisce una delle fonti di approvvigionamento idrico della Puglia (circa il 16%), attraverso 111 pozzi localizzati soprattutto in Salento.

Alimentato dal fotovoltaico

Il dissalatore sarà inoltre alimentato con un impianto fotovoltaico che prevede l’installazione di circa 2.000 pannelli per una produzione media annua di 1.250 MWh a supporto del fabbisogno energetico necessario all’attività produttiva. L’opera non sorgerà su una spiaggia o in riva al mare ma in prossimità di una sorgente, in una zona interna a vocazione produttiva e comunque in prossimità di un impianto-manufatto dell’Ente irrigazione di Puglia e Lucania. L’intervento sarà mitigato dalla piantumazione di una cortina arborea e da altri accorgimenti che saranno definiti nella predisposizione del progetto esecutivo. Grazie alle scelte di processo ed in particolare alla riduzione dei reattivi chimici necessari alla remineralizzazione dell’acqua si è potuto ridurre notevolmente l’impronta di carbonio dell’impianto.

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