Un team di scienziati dell’Università Cattolica ha isolato dalle radici di piante di pomodoro un gruppo di microrganismi ‘buoni’ che proteggono le colture dalle infezioni e quindi, indirettamente, anche il consumatore dall’arrivo di tossine nel piatto. Per gli scienziati è stato sufficiente trattare i semi delle piante una volta sola per rendere le piante che germinano protette dai funghi fino al raccolto, permettendo una riduzione del 50% dell’uso di sostanze chimiche. A spiegare il risultato di tale studio e i possibili vantaggi in agricoltura è il professor Edoardo Puglisi della Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università Cattolica che, insieme al suo team di ricerca, ha realizzato questa ricerca pubblicata sulla rivista ‘Frontiers’, nella sezione ‘Microbiology’.
Urgente l’uso di ‘pesticidi green’
“I microrganismi isolati hanno grande importanza per la sicurezza alimentare (safety) in quanto riducono sia lo sviluppo di funghi del genere ‘Alternaria’ (produttori di micotossine), sia la produzione delle micotossine stesse. Queste sostanze prodotte da Alternaria sono tossiche per l’uomo e la loro presenza negli alimenti è in via di regolamentazione da parte dell’EFSA”, spiega il professor Puglisi. Le perdite sulle colture di pomodoro dovute ad Alternaria vanno dal 25% al 78% della produzione: i dati in letteratura, infatti, indicano l’importanza di disporre di “pesticidi green” contro le infezioni fungine. La riduzione di pesticidi che si può ottenere con l’utilizzo di questi microrganismi protettivi può arrivare al 50%, cioè a dimezzare le dosi. “Abbiamo svolto delle prove dove abbiamo ridotto del 50% la dose di fungicidi ed utilizzato i ‘nostri batteri’ – sottolinea il professor Puglisi – garantendo la stessa produzione delle colture di controllo trattate con il 100% di fungicidi; questi risultati sono oggetto di una seconda pubblicazione attualmente in valutazione”, precisa l’esperto.
Identificati 12 ceppi contro il fungo
Nello studio, gli esperti hanno identificato 12 ceppi più efficaci contro il fungo, mostrando anche caratteristiche in grado di favorire la crescita delle piante e confermando le proprietà poliedriche di tali microrganismi. In particolare, le specie di Bacillus, precisamente il B. amyloliquefaciens e due ceppi di B. subtilis, hanno rivelato la massima efficacia nel ridurre la biomassa fungina e sono state efficaci anche nel ridurre la produzione di micotossine. I risultati dello studio suggeriscono che, sfruttare le diverse capacità dei vari ceppi microbici, usandoli dunque insieme, fornirebbe un più ampio spettro di efficacia, segnalando così una risoluzione più incoraggiante per l’agricoltura sostenibile e affrontando la natura multiforme delle sfide bioetiche legate alle colture.
Obiettivo Ue: ridurre i pesticidi
“La riduzione della dose di fungicidi chimici va nella direzione richiesta dalla Comunità Europea con l’UE Green Deal, che stabilisce entro il 2030 una riduzione dell’uso di sostanze chimiche di sintesi in agricoltura” evidenzia il professor Puglisi, spiegando che tale applicazione può essere estesa ad altre piante e soprattutto ad altri patogeni. “Sono in corso prove anche per capire meglio i meccanismi con cui questi batteri sono in grado di ridurre la produzione di micotossine nei raccolti infestati dai funghi. In seguito a questi studi sarà sicuramente percorribile la via della commercializzazione dei batteri fungicidi. I batteri usati sono assolutamente non patogeni e non comportano rischi per il consumatore. Rispetto ai fungicidi chimici i batteri hanno inoltre il grande vantaggio di non indurre significativi meccanismi di resistenza” conclude il coordinatore dello studio.