Il muro contro muro sulla riforma costituzionale proposta da Meloni è il peggior clima in cui si possa discutere di un tema così delicato. Si tratta di regole fondamentali per la nostra democrazia che vanno pensate e decise insieme con attenzione, ipotizzando non solo cosa succederebbe se fossero applicate adesso ma anche delineando tutti gli scenari su cosa potrebbe succedere domani o dopodomani. Serve un confronto sereno, senza pregiudizi. Immaginare che il destra-centro abbia proposto questa riforma per realizzare un disegno autoritario o per importare in Italia modelli di democrature come quella ungherese è fuori luogo. Occorre sgombrare il campo e le menti da ogni pregiudizio e riflettere anche animatamente ma andando al cuore dei problemi. Formuliamo qui una serie di domande. Quello proposto non è un premierato, ma un mezzo premierato: il Presidente del Consiglio eletto dal popolo avrà gli stessi poteri che ha oggi l’inquilino di Palazzo Chigi, non quelli che hanno il Cancelliere tedesco o il Primo Ministro inglese. La novità sta nella fonte di legittimazione del suo potere. La prima domanda da farsi è questa: come si può evitare che un qualsiasi presidente eletto si faccia scudo del suffragio popolare per andare oltre i suoi poteri fissati dalla Costituzione scatenando conflitti che destabilizzano il Paese? La seconda domanda: se non si pone una soglia minima di consenso per far scattare il premio di maggioranza non si corre forse il rischio di regalare ad un partito o coalizione che ha magari solo il 20% ben il 35% di seggi in più? La legge elettorale del 1953, ingiustamente definita “truffa”, voluta da De Gasperi dava al partito o coalizione che conquistava il 50% dei voti fino al 65% dei seggi. La terza domanda. Nell’unica scheda elettorale potrebbero esserci anche nella stessa coalizione più candidati alla Presidenza del Consiglio. Come si può escludere che finisca per essere eletto un capopopolo che non ha dietro un partito vero e proprio ma che è un bravo manipolatore di piazze e che una volta eletto con un manipolo di parlamentari voglia fare il bello e il cattivo tempo svilendo il senso della democrazia rappresentativa? Altra domanda. Se si vuole che la maggioranza abbia il 55%dei seggi, non bisognerebbe prevedere delle garanzie più forti per le opposizioni e rafforzare il ruolo del Parlamento limitando il numero di decreti legge che il Governo può presentare? Un’ultima domanda, per ora. Col premierato dimezzato è garantita la stabilità delle coalizioni ma non dei governi: ci possono essere due governi per ogni legislatura. Non sarebbe meglio votare subito se cade il governo oppure lasciare al Presidente della Repubblica la possibilità di scegliere un nuovo Presidente del Consiglio anche al di fuori del Parlamento ma che abbia la stessa maggioranza? Insomma se ne può e se ne deve parlare con calma. C’è tempo.
Giuseppe Mazzei
Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore