La riforma costituzionale targata Meloni non scombussola l’impianto delle nostre istituzioni più di tanto. È un intervento chirurgico mirato ad aumentare più il prestigio che il potere del Presidente del Consiglio. Che continuerà a chiamarsi così: quindi niente Primo ministro, capo del Governo, Cancelliere. Il Presidente eletto direttamente dal popolo avrà sì un’investitura forte, ma questo non gli consentirà, per esempio, di licenziare i ministri come fa l’inquilino di Downing street e neanche di proporre al capo dello Stato la revoca di membri del governo, come fanno il Cancelliere tedesco, il premier francese e quello spagnolo La nomina dei ministri rimane com’ è oggi Spetta al Presidente della Repubblica su proposta di chi guiderà il Governo. Le vere novità sono due: chi vince le elezioni avrà comunque il 55% dei seggi in Parlamento e nessun cambio di maggioranza potrà avvenire per la durata della legislatura. Basteranno queste due certezze a dare maggiore stabilità ai governi? Sulla carta si può dire che sicuramente saranno più stabili le maggioranze. Ma nessuno può scommettere che all’interno della stessa maggioranza che godrà del 55% dei seggi non ci siano scontri che possano portare anche alle dimissioni del Presidente del consiglio eletto e alla sua sostituzione con altri esponenti della coalizione. Tutto dipenderà, ovviamente, dai rapporti di forza tra i partiti alleati. Nello scenario attuale con Fratelli d’Italia che da solo è quasi il doppio della somma di Lega e Forza Italia, tutto filerebbe liscio. Ma se ci fosse una coalizione tra due partiti-come Pd e 5S- che sono tra loro poco distanti, basterebbe un sondaggio che dimostri il sorpasso dell’uno sull’altro a scatenare una crisi di governo. E addio stabilità. La riforma potrà essere migliorata in Parlamento. Ma due impegni solenni dovrebbero essere presi da tutti i partiti. Primo: evitare che l’investitura popolare del Presidente del Consiglio apra la strada a conflitti col Capo dello Stato eletto dal Parlamento. Secondo: non usare il popolo che elegge il presidente del consiglio come grimaldello per delegittimare le istituzioni. Altrimenti invece della stabilità avremo il caos. Il populismo è sempre in agguato ed è il virus che infetta le democrazie liberali.
Giuseppe Mazzei
Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore