È stato presentato a Napoli, presso il Circolo ufficiali della Marina militare, il “Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2019”, a cura dell’Istituto di studi sul Mediterraneo del Cnr. “Il dato del Rapporto più dirompente – dice Salvatore Capasso, ordinario di Politiche economiche all’Università Parthenope di Napoli e curatore del Rapporto – è che la mortalità per inquinamento ambientale non è nei Paesi ricchi ma nei Paesi poveri, dove è dieci volte maggiore, nonostante l’inquinamento in questi Paesi sia inferiore in termini assoluti.
E questo perché hanno un sistema di produzione più arretrato”. Alla presentazione è intervenuto, tra gli altri, il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. “I cambiamenti climatici, come dice il segretario generale delle Nazioni Unite, Gutierrez, sono la sfida delle sfide. In Italia nell’ultima legge di stabilità sono stati messi, in termini pluriennali, 60 miliardi di euro per poter cambiare il sistema produttivo e sviluppare la green economy. Ciò vuol dire che si sta affrontando in maniera pragmatica il problema. Siamo il primo Paese al mondo che ha cambiato la programmazione economica in maniera sostenibile: il Cipe infatti si è trasformato in Cipes nella legge clima proprio per pianificare uno sviluppo sostenibile”.
“In Europa – prosegue il ministro – ci sono i famosi 1000 miliardi del progetto ‘green deal’, 100 miliardi l’anno, che abbiamo votato e appoggiato, e questa settimana abbiamo il Consiglio dei ministri per l’Ambiente a Bruxelles proprio per affrontare questo argomento. Noi, insieme alla Francia, abbiamo chiesto di accelerare sugli obiettivi europei di contrasto del cambiamento climatico, in modo tale da inserirli nella legge di Stabilità.
Ultimo step è quello planetario: se Europa vuol essere protagonista – ricordiamo però che il peso europeo sui cambiamenti climatici pesa il 9%, mentre ci sono altri Paesi come Cina, India, Usa, Indonesia, che pesano molto di più – deve avere anche la leadership diplomatica, e l’Italia è uno dei Paesi facilitatori. Io sono stato recentemente in India perché questo Paese sta iniziando a cambiare e vuole avere un rapporto privilegiato con l’Italia perché ci riconosce di avere tecnologie ambientali di alto profilo”.
In relazione al quadro mediterraneo, per Silvana Bartoletto, professore associato di Storia economica all’Università Parthenope, “sebbene l’area – dice – sia particolarmente esposta agli effetti del cambiamento climatico, la quota delle rinnovabili dal 1971 al 2016 è aumentata di soli 2 punti percentuali. Pur possedendo il Mediterraneo un notevole potenziale per la produzione di elettricità da energia solare, almeno la metà del consumo rinnovabile in quest’area è rappresentato da biocombustibili, legna in primis. È necessario – conclude – uno sforzo maggiore in tal senso”. (Italpress)