domenica, 29 Settembre, 2024
Ambiente

Politica e ambiente nel tempo di guerra

Verso Saint-Vincent

Quando si parla di ecologia si dovrebbe pensare all’intero pianeta terra, non al solo nostro orticello. È certamente lodevole che una parte dell’umanità – poco meno di un sesto della popolazione mondiale, quella più ricca e che nel secolo scorso ha inquinato spensieratamente – ricerchi ed adotti costosissimi rimedi per limitare gli effetti negativi del suo (nostro) vivere sul pianeta. Ma è completamente inutile circolare con costosissime auto elettriche se, appena fuori dalle nostre mura di cinta, imperversano carri armati, camion militari ed esplodono missili e bombe.

Il minuscolo, quasi insignificante contributo che viene dato così al risparmio del CO2, è nulla in confronto al biossido di carbonio prodotto da un bombardamento (di Kiev, di Odessa, di Tel Aviv, della Striscia di Gaza: ciascuno scelga secondo il proprio gusto).

Provo vergogna a dire delle guerre per i loro riflessi ambientali, laddove la follia e la crudeltà umana, che nella guerra trovano il più scellerato e cretino sfogo, determinano in primo luogo morte e dolore, pianti, lutti e distruzione. E crimini, crimini veri contro la stessa umanità, sofferenze indicibili ed ingiuste.

Io sto con Papa Francesco, l’unico Capo di Stato (mi riferisco, quindi alla sua azione politica) che stia lavorando veramente per la Pace, essendo l’unico che non ha interessi diversi se non la salvezza dell’umanità, col massimo rispetto per i vari Forum cui partecipa anche la nostra Presidente del Consiglio. Lo Stato della Città del Vaticano non ha fabbriche o commercio di armi da tutelare, non ha, con la sua visione universale e l’apertura verso tutte le religioni, Crociate da combattere. Rivendica la pace, semplicemente, con grande forza.

«Esorto i credenti a prendere in questo conflitto una sola parte: quella della pace, non a parole ma con la preghiera, con la dedizione totale… ho indetto per venerdì 27 ottobre una giornata di digiuno, preghiera, di penitenza, alla quale invito ad unirsi nel modo che riterranno opportuno le sorelle e i fratelli delle varie confessioni cristiane e gli appartenenti alle altre religioni e quanti hanno a cuore la causa della pace nel mondo». 

Queste le parole del Santo Padre che ha anche annunciato per lo stesso venerdì 27 ottobre una preghiera collettiva in San Pietro per implorare la pace nel mondo: un urlo di centomila persone che avrà una sua eco.

La pace, in effetti, è il primo e massimo valore da perseguire anche quando si parla di ambiente, “la cura della nostra casa comune”, il sottotitolo dell’Enciclica Laudato sì del 2015, un manifesto ecologico che ha dato vita ad una unione tra ambientalisti e cattolici, verdi e popolari: taluni parlavano di ambiente; tal altri di creato, ma intendevano la stessa casa, comune per l’appunto.

Enciclica che mi riporta a parlare delle rovine della guerra anche sull’ambiente: effetti collaterali inevitabili, si dirà, come se la guerra fosse stata un obbligo.

Le operazioni belliche causano danni diretti all’ambiente, come la distruzione di infrastrutture, edifici, foreste e habitat naturali. Le guerre portano all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo a causa di esplosioni, incendi e sostanze chimiche rilasciate. Non soltanto con l’uso di armi chimiche, ma anche col danneggiamento di impianti industriali, spesso obiettivo primario delle bombe; così come dighe, centrali elettriche, impianti di trattamento delle acque con impatto devastante sull’ambiente.

La distruzione dell’habitat e l’uso di armi distruttive causano una perdita significativa di biodiversità e spesso interrompono l’accesso all’acqua potabile, causando problemi umanitari e ambientali, come sta accadendo in questi giorni nella Striscia di Gaza.

Per tacere delle conseguenze sulla popolazione: i conflitti possono costringere le persone a fuggire dalle loro terre, causando spostamenti di popolazione e aumentando la pressione ambientale nelle aree di accoglienza.

Si tratta di impatti a lungo termine: la ricostruzione e il ripristino ambientale una volta che il conflitto si sia concluso, richiedono molto tempo e moltissime risorse. L’integrazione e l’assorbimento dei rifugiati anche.

Perché la guerra – senza se e senza ma – è un crimine contro l’umanità di per sé stessa. Non esistono guerre giuste. «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» recita l’art. 11 della nostra Costituzione. Parole che dovrebbero essere scolpite nel cuore di ogni essere umano, sostituendo la parola Italia alla Nazione di ognuno.

La politica ambientale, quindi, non può limitarsi a creare alcune oasi incontaminate o qualche riserva. Ma deve preservare il pianeta, l’intero pianeta. Se i ghiacciai del Monte Rosa si riducono non è soltanto per i SUV che circolano a Torino, ma per un problema planetario: ci si autodistrugge tutti – e la guerra è la strada più veloce e sicura – o ci si salva tutti insieme.

Anche di questo parleremo a Saint-Vincent nel prossimo fine settimana, nel convegno organizzato dalla Fondazione “Fiorenzo Sullo”, Democrazia Cristiana, di cui La Discussione è media partner.

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