venerdì, 15 Novembre, 2024
Salute

Nuovo studio sul ‘Long Covid’. Tra gli effetti ictus e infarto

Un nuovo studio compiuto all’Università degli Studi dell’Insubria ha spiegato come tra gli effetti del ‘Long Covid’ ci siano l’insorgenza di ipertensione, di ictus e di infarto. La nuova analisi, pubblicata lo scorso martedì nella sezione Clinical Insights della rivista European Journal of Internal Medicine, è stata coordinata dal prof. Fabio Angeli, docente di Malattie dell’apparato cardiovascolare del Dipartimento di Medicina e innovazione tecnologica e direttore della Medicina e della Cardiologia Riabilitativa dell’Irccs Maugeri di Tradate, che ha firmato l’articolo con Martina Zappa, biotecnologa dell’Insubria e Paolo Verdecchia, ricercatore cardiovascolare di Perugia. Lo studio dell’Università dell’Insubria ha spiegato le dimensioni del problema e i meccanismi responsabili.

Lo sviluppo

I ricercatori dell’Insubria, analizzando i dati da grandi database per un totale di quasi un milione di individui, hanno evidenziato che l’insorgenza di valori pressori superiori alla norma interessa il 9% dei soggetti colpiti da Covid-19 (quasi il doppio dell’incidenza osservata nella popolazione non colpita dall’infezione). Secondo lo studio “9 soggetti su 100 con Covid-19 svilupperanno nei mesi successivi alla fase acuta dell’infezione abnormi livelli di pressione arteriosa”. Il prof. Fabio Angeli ha dichiarato: “In considerazione dell’elevato numero di infezioni da SARS-CoV-2 che si registra su scala mondiale, l’insorgenza di uno stato ipertensivo dopo l’infezione è una delle sequele più allarmanti in termini epidemiologici anche perché espone i soggetti colpiti da questo fenomeno ad un aumentato rischio di eventi cardiovascolari come l’ictus e l’infarto”.

Prevenire gli effetti con lo screening

Su questo rilevante tema, il prof. Fabio Angeli, Martina Zappa e Paolo Verdecchia hanno scritto altri importanti articoli che spiegano come il Covid-19 generi complicanze cardiovascolari. In merito al nuovo lavoro i ricercatori parlano chiamano in causa gli effetti dei frammenti del virus che, permanendo per mesi nel nostro organismo dopo l’infezione acuta, alterano le capacità dei nostri meccanismi regolatori. Nel dettaglio, Fabio Angeli ha spiegato: “Questi frammenti, tra cui le proteine spike, interagiscono con i recettori delle nostre cellule implicati nella regolazione della pressione arteriosa e ne provocano la paralisi, con conseguente sviluppo di ipertensione arteriosa; questo fenomeno, poi, è potenzialmente destinato a crescere ulteriormente nel tempo perché le nuove varianti, rispetto le precedenti, sono più adesive ai nostri recettori e sono caratterizzate da una ancor più spiccata capacità di paralizzarli. Uno screening per verificare i valori di pressione arteriosa nei mesi seguenti l’infezione ed eventualmente ridurli con la terapia per evitare eventi cardiovascolari è oggi una delle priorità della cardiologia preventiva e merita appropriati e specifici percorsi e risorse”.

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