giovedì, 21 Novembre, 2024
Lavoro

Sale il Tfr. Stangata da 6mld per le Pmi

Cgia. Colpa dell'inflazione

L’inflazione in Italia sta avendo un impatto significativo anche sulle piccole imprese con meno di 50 dipendenti, che si trovano a dover fare i conti con un aumento del costo del Trattamento di fine rapporto (Tfr). Un’analisi dell’Ufficio studi della Cgia diffusa ieri ha spiegato che queste aziende potrebbero affrontare una spesa aggiuntiva stimata di almeno 1.500 euro per lavoratore, portando a un totale di almeno 6 miliardi di euro per nel 2023.

Il calcolo

La rivalutazione del Tfr viene effettuata annualmente in base alla legge e comprende un aumento dell’1,5% più il 75% della variazione dell’inflazione rispetto all’anno precedente, con riferimento al mese di dicembre. Nel calcolo, viene considerata anche l’anzianità di servizio. Nel caso ipotetico di una persona che lavora da 5 anni presso la stessa azienda con meno di 50 addetti, l’Ufficio Studi della Cgia ha ipotizzato che la rivalutazione del suo Trattamento causerà un aumento dei costi nel bilancio del 2023 pari a 593 euro rispetto a quanto è stato riconosciuto al proprio impiegato sempre con questa operazione nel periodo che va dalla sua assunzione fino al 2020. Se, invece, l’anzianità lavorativa è di 10 anni, l’aggravio è stato di 1.375 euro, con 15 anni di servizio, invece, l’incremento è di 2.003 euro. Se, infine, è da 20 anni che il dipendente varca ogni giorno le porte dell’azienda, l’extracosto per quest’ultima ha toccato i 2.594 euro.

Decisione sul Tfr

Lo studio specifica poi che l’anzianità di servizio dei lavoratori delle piccole imprese è generalmente inferiore rispetto a quelli impiegati in aziende più grandi le quali, grazie alla capacità di offrire salari più elevati, tendono ad avere un tasso di rotazione del personale inferiore rispetto alle imprese di dimensioni minori. Inoltre viene anche spiegato che il numero di dipendenti delle ditte che scelgono di trasferire il Tfr in fondi pensione complementari è molto basso. La maggioranza dei 6,5 milioni di persone che lavorano in società con meno di 50 addetti opta per lasciare il Trattamento in azienda. Quindi facendo un’ipotesi che coloro che non hanno trasferito il Tfr in un fondo pensione complementare siano circa 4,3 milioni di unità, corrispondenti al 66% del totale, con un’anzianità di servizio media di 10 anni, si stima che la rivalutazione del trattamento rispetto alla media riconosciuta dal momento dell’assunzione al 2020 sia stata positiva e prudenzialmente pari ad almeno 6 miliardi di euro. Insomma, per il milione e mezzo di imprese con meno di 50 addetti presenti in Italia, la fiammata inflazionistica avrebbe comportato, in materia di Tfr, una stangata da brividi che sommato agli effetti riconducibili all’aumento “imprudente’” dei tassi di interesse deciso dalla Bce hanno spinto in difficoltà la gran parte del sistema produttivo del nostro Paese. È comunque utile precisare, ha spiegato poi la Cgia, che il Tfr è una forma di salario differito; se il dipendente decide di lasciarlo in azienda, le conseguenze finanziare possono essere anche negative, così come è successo quest’anno.

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