Cresciuta nella fattoria di famiglia nel conservatore Nebraska, negli anni ’60 e ’70, Ashley Swartz ha preso spunto dalla vita circostante. A casa gli uomini lavoravano nella fattoria. Altrove, i ragazzi si comportavano in modo violento e praticavano sport. Swartz si identificava maggiormente nelle ragazze. Quando recitava, voleva interpretare ruoli femminili. In quel momento, e negli anni a venire, cercò di reprimere le sue emozioni e i suoi sentimenti, ritenendoli opera del diavolo. Pregò per accettare sé stesso come il ragazzo che il mondo vedeva piuttosto che come la ragazza che credeva di essere. “Mi sono sempre sentito intrappolato e soffocato – ha affermato Swartz, oggi sessantunenne -. Mi sentivo intrappolato in una vita che per me non aveva senso”. Swartz, come molti americani transgender più anziani, aveva sperato che i più giovani non si fossero trovati ad affrontare le stesse sfide e la stessa disperazione. Ma ora, osservando i crescenti attacchi politici e gli sforzi legislativi contro le persone trans, ha paura di ciò che il futuro riserverà alla prossima generazione, in particolare a coloro che vivono in stati politicamente conservatori. Si è unita a squadre sportive maschili, ha modellato le aspettative della sua comunità per i suoi giovani e ha cercato di essere come suo padre, un rispettato agricoltore, rinunciando alla sua infanzia e fanciullezza. Crescendo, i suoi sensi e le sue emozioni si sono offuscati. Muoversi nella vita come l’uomo che il mondo vedeva, piuttosto che come la persona che sapeva di essere, significava esibirsi piuttosto che vivere. La sua “anima stava morendo”. Allison Scott, invece, ha subito il bullismo da parte di insegnanti e compagni di classe nella sua città natale, nella Carolina del Nord. Venne respinta dalla madre che la apostrofava come “gay”, nonostante Scott non avesse idea di cosa significasse. Suo padre la minacciava regolarmente di ucciderla. Tutte storie di discriminazione che, si spera, il futuro rilegherà nel campo di un passato da dimenticare.