Si sono mobilitate tutte le società di telecomunicazione europee e hanno chiesto, sottoscrivendo una lettera, che l’Unione europea obblighi le Big Tech a pagare “il giusto contributo” per l’utilizzo delle loro reti e contenuti. Il commissario al mercato interno, Thierry Breton, aveva già annunciato l’apertura di un tavolo sulla questione, ma finora non si è approdati a nulla. Le società hanno voluto lanciare l’ennesimo “appello per una legislazione sulla condivisione equa: l’Europa deve agire per proteggere il suo futuro digitale”.
Attenzione al Decennio Digitale
Sono una ventina i sottoscrittori, manager e presidenti, che vogliono una normativa in grado di garantire le società di telecomunicazioni perché, altrimenti, scrivono: ”senza gli investimenti necessari, il ‘Decennio digitale’ europeo finirà per fallire”. Ritengono che si renda necessario un contributo “equo e proporzionato da parte dei maggiori generatori di traffico verso i costi delle infrastrutture di rete dovrebbe costituire la base di un nuovo approccio” al futuro delle telecomunicazioni. Al centro di tutto gli investimenti che la stessa Ue, ricordano i ceo, stima di almeno 174 miliardi di euro entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi di connettività.
Il traffico cresce
Le società di telecomunicazione, scrivono i ceo, sono ancora deboli in tutta Europa e potrebbero non essere in grado di sostenere ulteriori investimenti. Ma allo stesso tempo il traffico dati cresce al ritmo del 20-30 per cento all’anno. Si chiede che venga garantito un contributo “equo” da parte di chi utilizza le infrastrutture costruite e gestite dalle società in Europa. Non va, però, infranto il principio della Net Neutrality. “L’obiettivo del regolamento è garantire un accesso illimitato a Internet per gli utenti finali. Questo obiettivo è indebolito dalla mancanza di capacità di investimento da parte delle società di telecomunicazioni, mettendone a rischio lo sviluppo di nuove capacità nella rete”. Serve, concludono le società, nella lettera inviata alla Commissione europea: “riformare gli attuali approcci normativi obsoleti – e ancora in gran parte nazionali) che hanno finora deluso l’idea di un vero mercato unico delle telecomunicazioni. L’opportunità è vasta ma senza cambiamenti, la Ue rischia di non riuscire a soddisfare le proprie ambizioni politiche e, con queste, le maggiori esigenze dei suoi cittadini e dell’industria, restando ancora più indietro rispetto ai suoi concorrenti su scala globale”.
Le venti società di Tlc europee
Venti in tutto le società coinvolte, con gli italiani Margherita Della Valle (Vodafone Group) e Pietro Labiola (Tim) e Thomas Arnoldner (A1 Telekom Austria), Ana Figueiredo (Altice Portugal), Edward Bouygues e Benoit Torloting (presidente e ceo di Bouygues Telecom), Allison Kirkby (Telia), José María Alvarez Pallete (Telefónica), Andreas Neocleous (Cyta), Timotheus Höttges (Deutsche Telekom),Oliver Loomes (eir), Christian Salbaing (Hutchison Europe), Mike Fries (Liberty Global), Joost Farwerck (Kpn), Philip Jansen (BT), Christel Heydemann (Orange), Guillaume Boutin (Proximus), Sigve Brekke (Telenor), Michel Jumeau (Tdc Net), Kjell Morten Johnsen (Tele2) e Victoriya Boklag (United Group).