giovedì, 14 Novembre, 2024
Il Cittadino

L’immigrazione, dramma del secolo

Gli spaventosi numeri degli immigrati irregolari arrivati in Italia in quest’ultima primavera-estate col mare placidamente mediterraneo pongono indubbiamente la questione al primo posto.

Ma non è un’emergenza. D’accordo in questo con l’ex ministro Minniti che lo sostiene da anni e lo ha riaffermato pochi giorni fa su LA7.

Non è un’emergenza perché l’immigrazione è nella natura umana, perché la fame, la povertà, la prospettiva di un futuro che viene negato nel mondo a miliardi di esseri umani, induce la persona, l’essere umano disperato a cercare la salvezza gettandosi fuori dall’edificio in fiamme. Meglio, insomma, una percentuale minima di sopravvivenza, che la morte certa che li aspetta nei loro Paesi (regioni dell’Africa subsahariana, Nord Africa e Medio Oriente).

Ci saranno sempre immigrati, ci sarà sempre qualcuno che vorrà fuggire da un regime, da una guerra, da una carestia; che vorrà cercare un futuro migliore. L’immigrazione è un flusso inarrestabile. È una pia illusione pensare di poterla fermare con la forza; è un’utopia proporre di aiutare gli immigrati nei loro Paesi.

Fermarli con la forza è impossibile. Il blocco navale ipotizzato dall’ineffabile Ministro Salvini sarebbe una misura prima di tutto ridicola: le nostre navi non si troverebbero di fronte ad un esercito che cerca di invaderci o di fronte a navi da fermare e mandare indietro. Ma, come capita oggi, di fronte a natanti precari, occupati da un numero esagerato di persone e perciò stesso in situazione di pericolo: naufraghi da soccorre, non invasori da respingere. Qualsiasi uomo di mare, di fronte a quelle situazioni ed alla ragionevole previsione di naufragio, agirebbe come ha sempre fatto finora la nostra valorosissima Guardia Costiera, che merita la medaglia d’oro permanente per le decine di migliaia di vite salvate e che deve inorgoglire ogni patriota: non uso a caso questo termine. Credo che di ciò sia consapevole persino Salvini, il quale, Ministro dell’Interno nel Governo Conte 1, ha accentuato i poteri di polizia, subordinando l’intervento della Guardia Costiera a previe verifiche di altri organi. Così come, dobbiamo esserne consapevoli tutti, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha riconosciuto che un militare può (deve) rifiutarsi di eseguire un ordine che sarebbe contrario ai principi fondamentali della Convenzione, come il divieto di tortura, il diritto alla vita o il divieto di trattamenti inumani o degradanti: eseguire quell’ordine significa essere autore di un crimine.

Aiutarli nel loro Paese è uno slogan elettorale inattuabile: non si tratta soltanto di dare un aiuto economico per sfamarli nell’immediatezza, ma aiutarli a costruire un sistema economico. E quando l’immigrazione è dettata da persecuzioni da parte di regimi politici dittatoriali si dovrebbe intervenire, come si dice qualche volta abbia fatto la CIA, per imporre la democrazia.

Torno a Marco Minniti (ministro dell’Interno dal 2016 al 2018) che, secondo me, è stato l’unico che ha avuto qualche idea concreta al riguardo, tentando di conciliare le questioni legate alla sicurezza con quelle umanitarie legate all’immigrazione. Ha così aumentato le pattuglie di polizia per contrastare il traffico di esseri umani lungo le rotte migratorie, ha firmato accordi bilaterali con alcuni paesi africani per favorire la cooperazione nell’affrontare l’immigrazione clandestina ed il potenziamento della presenza militare italiana nelle acque libiche per aiutare a controllare i flussi migratori. Critiche feroci: da sinistra per ragioni umanitarie e perché alcune di quelle misure mettevano a rischio la sicurezza e la dignità dei migranti; da destra perché troppo blando.

Negli accordi del genere c’è sempre un momento in cui si deroga alla civiltà. Nel disegno Minniti ciò avveniva allorché la nostra polizia cooperava per arrestare chi pensava di emigrare, mentre era ancora nel suo paese. Provocando una condanna che, se avesse avuto bisogno di una pronuncia di estradizione, nessun Tribunale italiano avrebbe potuto convalidare.

Eppure proprio la violazione delle regole dello Stato di diritto ha portato all’unico accordo internazionale che ha funzionato per un certo tempo: fino a quando i soldi sono confluiti con regolarità e finché la pressione non è diventata insostenibile persino per uno Stato assolutista.

Mi riferisco all’accordo tra la Turchia e l’Unione Europea (UE) sull’immigrazione, raggiunto nel marzo 2016, per affrontare la crisi dei rifugiati che si è verificata in Europa a seguito del conflitto in Siria e di altri conflitti nel Medio Oriente e in Africa.

In base ad esso, previo un forte sostegno finanziario della UE alla Turchia, quest’ultima si impegnava a riprendersi i migranti irregolari che attraversano il Mar Egeo per raggiungere le isole greche.

Insomma anche questo un accordo per cui bisognava tapparsi il naso.

La Presidente Meloni, preannuncia per domani, provvedimenti nuovi ed inasprimenti di pene e misure che, per come descritte, non mi paiono molto in linea con la nostra Costituzione. Non lo è, per esempio, prevedere (come si è annunciato) una “struttura” in cui contenere migliaia di immigrati fino a 18 mesi. A me pare appena il caso di ricordare che la Costituzione italiana si applica a tutte le persone che si trovano sul territorio italiano, indipendentemente dalla loro cittadinanza: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (art. 2 Cost.).

I fondamentali diritto alla vita, alla libertà personale, alla libertà di espressione e a molti altri diritti civili e politici non possono essere messi in discussione: neppure nei confronti di un immigrato irregolare.

Non ho una ricetta e non credo nella solidarietà UE, ma vorrei che l’Italia avesse la forza e l’orgoglio di agire nel rispetto delle sue leggi.

È difficile, ma non impossibile.

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