Diminuiscono ancora le domande di accesso ai corsi di laurea di Infermieristica. In alcuni atenei le iscrizioni non raggiungono nemmeno il numero di posti a bando. A renderlo noto è la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI) spiegando che la riduzione media è del -10% rispetto allo scorso anno accademico, con il rapporto minimo domande/posti che il Paese abbia mai registrato: -12,6% al Nord, -15% al Centro e -5,7% al Sud. Nel comunicato della FNOPI si legge: “Senza infermieri l’Italia non avrà più un SSN degno di questo nome, ci aspetta una lunga stagione assistenziale e non saremo più in grado di garantire salute a tutti. È una prospettiva concreta, reale, che comporta perdite economiche, sociali, oltre che un restringimento dei diritti civili”.
Cambio immediato dei modelli organizzativi
La Federazione infermieristica chiede un intervento deciso e non più rinviabile delle istituzioni; a fronte della situazione di fortissimo rischio, la FNOPI fissa i paletti inderogabili per il recupero dell’assistenza. “È necessario che la ‘questione infermieristica’ venga affrontata nella sua totalità – si precisa nel comunicato – non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente, con l’evoluzione degli attuali percorsi formativi offerti ai giovani futuri infermieri, i veri garanti dell’assistenza”. Inoltre, la Federazione chiede un cambio immediato dei modelli organizzativi. “Per invertire la rotta – prosegue la FNOPI – è necessario e non più rinviabile: il finanziamento delle lauree magistrali abilitanti a indirizzo clinico per avere infermieri specialisti in grado di gestire una filiera assistenziale composta da più professionisti con livelli di competenze diversificate; il finanziamento dei docenti infermieri, che devono rientrare sotto il governo del ministero dell’Università e non più sotto quello delle aziende; la revisione dei criteri di accesso ai corsi di laurea triennali (test di ammissione separato con nuove modalità; autonomia e specificità della selezione al corso). La Federazione Infermieri chiede dunque un cambio immediato dei modelli organizzativi con maggiore autonomia infermieristica e una nuova riqualificazione, il riconoscimento della branca assistenziale infermieristica nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e nuovi sbocchi di carriera e professionali.
Sul fronte della retribuzione
Per quanto riguarda la retribuzione, FNOPI chiede: “L’indennità di specificità infermieristica va aumentata di almeno il 200% (216 euro lordi/mese). Per evitare esodi sull’asse Nord-Sud, così come all’estero, si deve infine intervenire subito sulle modalità di reclutamento e ingaggio per coprire sia i singoli servizi sia le singole aree geografiche con i più giusti e motivati professionisti, in coerenza con le competenze e le specializzazioni, grazie a concorsi mirati e infungibilità”. Il presidente della FNOPI, Barbara Mangiacavalli, afferma: “Nessuna altra soluzione può essere ritenuta adeguata se prima non saranno messe in atto queste nuove misure strutturali. Senza un deciso e immediato cambio di rotta è a rischio l’applicazione dell’articolo 32 della Costituzione”.
Prospettive future senza interventi
Secondo la Federazione “I problemi da affrontare sono tre: rispetto alla demografia, il calo di giovani che porterà inevitabilmente a una riduzione dei possibili candidati futuri; la necessità che la professione abbia sbocchi di carriera e professionali strutturati e costanti; l’aumento del costo della vita, che rende le scelte dei giovani più ‘stanziali’, scoraggiando la mobilità universitaria in regioni distanti da quella di residenza. E ovviamente la retribuzione tra le più basse d’Europa completa il quadro negativo: in Italia vale il 23% in meno rispetto alla media OCSE”. La FNOPI ha inoltre evidenziato i numeri della carenza infermieristica precisando: “La Corte dei conti nella sua memorai al NADEF 2022 l’ha ufficializzata in -65.000 unità e con il decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza sul territorio (per attuare il PNRR) ne servono almeno altri 20.000 (quelli di famiglia e comunità) – sottolineando – nei prossimi anni poi la situazione è destinata a peggiorare: i 10.000 pensionamenti annui di infermieri dal 2029 raddoppieranno; quasi 30.000 infermieri italiani sono andati all’estero per le scarse prospettive del nostro Paese (e la formazione di ognuno è costata in media allo Stato circa 30.000 euro) e ne continuiamo a perdere circa 3.000-3.500 ogni anno. Al contempo, rileviamo oltre 13.000 infermieri stranieri in servizio, a vario titolo, sul territorio nazionale senza iscrizione agli Ordini e senza i dovuti controlli sulla conoscenza della lingua (in virtù delle deroghe prevista da decreti emergenziali), che quindi lavorano in un contesto di totale insicurezza delle cure. È cambiato il modo di fare sanità – conclude la Federazione – ma gli standard ancora no: gli ultrasessantacinquenni sono il 25% della popolazione e a loro, come alle altre categorie di cittadini servono poche e puntuali prestazioni cliniche e lunghe stagioni assistenziali che solo gli infermieri possono garantire”.