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epa08219746 Facebook CEO and co-founder Mark Zuckerberg speaks during a Conversation session 'Learn Fast and Fix Things: Social Media and Democracy' at the 56th Munich Security Conference (MSC) in Munich, Germany, 15 February 2020. More than 500 high-level international decision-makers meet at the 56th Munich Security Conference in Munich during their annual meeting from 14 to 16 February 2020 to discuss global security issues. EPA/PHILIPP GUELLAND

Fake news: un rimedio

mercoledì, 19 Febbraio 2020
2 minuti di lettura

Da quando i giornali hanno perso il monopolio dell’informazione e si sono diffusi i social media con la  cosiddetta “disintermediazione”, siamo bombardati quotidianamente da false notizie, alcune messe in giro da buontemponi, altre utilizzate secondo i canoni classici della “disinformazia”: diffondere falsità per confondere le idee, creare trambusti mentali e lasciare il dubbio che qualcosa di fondato in una notizia falsa forse c’è comunque.

“Oggi come oggi – ha detto Zuckerberg nella conferenza di Monaco sulla Sicurezza– ritengo che ci siano due quadri normativi che, insieme, concorrerebbero a regolare in modo adeguato il settore dei social media. Si tratta delle norme che regolano i giornali e gli altri media, e quelle invece che si occupano delle società di telecomunicazioni. Per queste ultime vige il principio che “i dati semplicemente passano attraverso l’azienda” e quindi non è possibile ritenere che l’azienda di telecomunicazioni sia responsabile se qualcuno dice qualcosa di pericoloso o dannoso durante una telefonata. Ritengo che dovremmo trovare una soluzione che stia da qualche parte a metà tra questi due quadri legislativi”.

Facebook ha 35mila persone che si occupano di rivedere i contenuti online e che il social implementa anche altre misure di sicurezza e questa attività – dice Zuckerberg- costa  quanto il fatturato dell’azienda al tempo della sua quotazione in borsa, quando aveva “solo” un miliardo di utenti.

Il problema è complesso e non si può scaricare solo sulle spalle di Facebook, sia perché le fake news circolano anche altrove sia perché il controllo della veridicità di notizie richiede competenze complesse e non solo informatiche e l’intervento contro di esse deve essere tempestivo.

Poiché le fake news sono un fenomeno del “villaggio globale” del web, la soluzione non può che essere sovranazionale. Si può articolare in tre azioni:

1) Gli Stati democratici costituiscono una sorta di gran giurì, formato dalle più autorevoli agenzie di stampa e dai principali organi di informazione degli stati democratici (inclusi radio, Tv e web).

Questo giurì dovrebbe essere una specie di task force di pronto intervento che può e deve essere attivata tempestivamente da chi rileva la diffusione di notizie che lasciano sospettare la presenza di un falso.

Il giurì, che lavora h24, in tempi rapidi fa i controlli incrociati secondo i canoni classici del buon giornalismo e sentenzia sulla falsità della notizia.

2) I social network che sono stati utilizzati per la diffusione di queste fake news sono obbligati a rimuovere tempestivamente tali bufale e a pubblicare con grande evidenza la smentita del giurì e/o la eventuale rettifica.

3) Gli autori della creazione e diffusione delle fake news (sia persone fisiche, sia realtà “informatiche” come siti, blog e quant’altro, devono esser tempestivamente puniti: i blog e i luoghi informatici sul web devono essere oscurati, chiusi; le persone fisiche escluse per 5 anni dall’accesso a tutti i social network e interdette dalla possibilità di ricreare nuovi blog o luoghi infornatici sul web.

Ovviamente tale soluzione richiede un’intesa vincolante per gli Stati che la sottoscrivono e per i social network.

La libertà dell’informazione si tutela con l’inflessibilità contro i suoi nemici e contro chi se ne avvantaggia a fini economici.

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