venerdì, 15 Novembre, 2024
Ambiente

Auto, meno vendite ma più profitti per le aziende

Le case costruttrici ora puntano sul segmento medio-alto

E’ proprio finita l’epoca dell’utilitaria: le case automobilistiche ora puntano sul segmento medio-alto e negli ultimi anni sono passati dal Suv alle auto premium. Le alternative sono l’auto di produzione cinese o indiana, paesi dove si costruisce ancora per le masse, oppure l’usato che, però è in forte calo. Lo scorso anno il mercato italiano ha pagato all’industria automobilistica 38 miliardi di euro, al netto di sconti e incentivi, che sono stati versati dal contribuente, per ricevere in cambio 1,3 milioni di auto. La stessa cifra del 2008, quando però riuscì a immatricolare quasi 2,2 milioni di auto, ai tempi ancora un prodotto di massa. È quanto emerge dall’analisi Mercato in Valore, prodotta dal Centro Studi Fleet&Mobility per Mapfre.

Aumentato il prezzo medio

Approfondendo l’analisi sul prezzo medio si passa dai 18mila euro del 2013 ai 21mila del 2019, incremento annuo del 2,5%, per poi schizzare nei 3 anni successivi a oltre 28mila, pari a un incremento annuo del 10%. Se gli aumenti pre-Covid erano spiegabili soprattutto con l’affermazione dei Suv, quelli recenti, secondo la Cgia di Mestre, hanno più di una motivazione. La principale è senza dubbio lo shortage di produzione, che ha messo i costruttori nella gradevole situazione di poter alzare i listini e tagliare gli sconti, mentre chiedevano e ottenevano comunque 1,3 miliardi di incentivi tra 2021 e 2022 per calmierare i prezzi. Inoltre, potendo scegliere quali macchine produrre, si sono concentrati su quelle di valore medio-alto dove i margini sono migliori. Infine, non fornire le auto al rent-a-car, i cui sconti sono molto alti, pure ha aiutato. In buona sostanza l’industria sta vendendo meno ma guadagna di più. D’altronde gli investimenti sull’elettrificazione sono ingentissimi e dal ritorno piuttosto dubbio. Questa situazione, tuttavia, porta a creare un vuoto di offerta per chi desidera un prodotto più economico, com’era abituato fino a pochi anni fa, e che oggi ha due alternative.

L’usato, la prima alternativa 

La prima alternativa è quella di andare nel mercato dell’usato: nel 2010 il 77% delle macchine acquistate usate avevano meno di dieci anni, nel 2022 siamo scesi al 45%. La seconda alternativa, è di rivolgersi ai costruttori cinesi per le auto nuove. Se le auto economiche le importiamo naturalmente a fabbricarle non saremo noi ma gli asiatici. Un’analisi di Bain, evidenzia come dal 2015 al 2022 la produzione auto cinese sia salita dal 27 al 33% del totale mondiale, mentre quella europea scendeva dal 24 al 19%, perdendo 5,3 milioni di pezzi e relativi addetti. Una considerazione dell’ufficio studi della Cgia di Mestre ne ricava che “sul fronte occupazionale non ci siamo proprio. Se l’industria persegue i profitti, e la Cina punta a esportare e conquistare i mercati, non sono per nulla chiare le strategie del legislatore per contrastare l’impatto devastante sul lavoro causato dalla forte spinta all’elettrificazione voluta dallo stesso legislatore”.

Mercato italiano in ripresa

Il mercato italiano comunque è in ripresa anche se il ritmo di crescita risulta in deciso rallentamento. Il mercato dell’auto in Italia ha registrato a luglio 119.207 immatricolazioni, un incremento dell’8,8% rispetto allo stesso mese dello scorso anno (109.611 unità), archiviando il dodicesimo segno positivo consecutivo, ma con un tasso di crescita in rallentamento. La marcia per il recupero dei volumi persi durante la crisi pandemica è però ancora lunga: in confronto a luglio 2019 le immatricolazioni attuali sono sotto del 22,3%. Il dato dei primi sette mesi di quest’anno mostra 960.765 autovetture immatricolate, in crescita del 21% rispetto alle 793.873 di gennaio-luglio 2022, ma con 276.000 unità in meno in confronto allo stesso periodo 2019 (-22,3%). Nel secondo semestre il rallentamento della crescita dovrebbe proseguire, anche perché lo stesso periodo 2022 fu caratterizzato da una progressiva e sostenuta accelerazione. Secondo le stime dell’Unrae il 2023 dovrebbe chiudere con 1,5 milioni di immatricolazioni, anche in virtù del recupero degli ordini dello scorso anno rimasti inevasi: una crescita del 13,9% sul 2022, ma ancora un gap del 21,7% rispetto al 2019.

 Crescono le emissioni di CO2

Le emissioni medie di CO2  delle nuove immatricolazioni in luglio crescono dell’1,3% a 121,5 g/Km; 120,2 g/Km in gennaio-luglio (+1,5%). L’analisi delle immatricolazioni di luglio per fascia di CO2 riflette l’andamento nel mese di auto BEV e PHEV: la fascia 0-20 g/Km rappresenta il 3,8% del mercato, il 3,9% la fascia 21-60 g/Km (rispettivamente 4,1% e 4,2% nel cumulato). La fascia 61-135 g/Km rappresenta il 63,3% (63,7% nel cumulato), mentre la quota delle vetture da 136 a 190 g/Km si assesta al 24,8% e quella della fascia oltre i 190 g/Km al 2,2% (rispettivamente 24,3% e 1,9% nei primi 7 mesi). Tanti dati, dai quali il presidente dell’associazione dei costruttori esteri (Unrae), Michele Crisci, riesce a fare sintesi e dice che “rimangono lontani gli obiettivi della transizione energetica”. Tuttavia, “si può ancora recuperare il ritardo accumulato e accelerare il processo di decarbonizzazione intervendo finalmente sul fronte aperto della fiscalità delle auto aziendali per uso promiscuo, sulle storture dello schema 2022-24 degli incentivi per le auto a basse emissioni, sull’intensificazione e massima diffusione delle infrastrutture di ricarica”. Oltre a ciò, Crisci sollecita “una profonda attenzione alle dinamiche della domanda in relazione alla transizione energetica”.  “Apprezziamo l’attivo interesse che il Ministro Adolfo Urso sta dimostrando”, ha detto presentando gli ultimi dati di mercato, “nei confronti del settore automotive, per questo ci rivolgiamo a lui affinché intervenga perché si possano recuperare i ritardi accumulati sul fronte della transizione energetica e accelerare il processo di decarbonizzazione”.

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