Nel corso del prossimo Trilogo tra Parlamento, Commissione e Consiglio europeo, sulla direttiva “case green”, in programma il prossimo 31 agosto, saranno sul tavolo le controverse posizioni dei Paesi membri dell’UE. In prima fila l’Italia che, finora, non si è voluta allineare alla diretiva. Lo ha anche chiaramente ribadito il ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin: “il governo italiano”, spiega, “sta attenendo a tutti gli impegni sul clima assunti a livello internazionale”, ma non è disposto “a subire direttive e regolamenti che penalizzano l’Italia senza giovare all’ambiente, anzi in alcuni casi danneggiandolo”.
Patto Fillea-Cgil e Ance
Sulla questione, intanto, va registrato un incontro tra Fillea, categoria degli edili della Cgil e Ance (Associazione dei costruttori) allo scopo di mettere a punto una proposta condivisa da parte del mondo delle costruzioni. Ambito che sostiene fortemente l’idea che solo un sistema di incentivi può rendere sostenibile, dal punto di vista economico, la scelta di milioni di famiglie di rigenerare le case in cui abitano, anche perché lo stock abitativo italiano da rigenerare è molto consistente: oltre 12 milioni di edifici dei quali il 74,1% è stato costruito prima delle norme antisismiche (1974) e prima di quelle sull’efficienza energetica (1976).
Fillea si è spinta avanti e propone un “testo unico degli incentivi” che se applicato potrebbe generare “oltre 1,2 punti di Pil aggiuntivo all’anno e creare 430 mila posti di lavoro tra diretti e indotto”, ma lo stesso segretario generale, Alessandro Genovesi, ha aggiunto che “servono risorse vere”. Più cauta, infatti, Federica Brancaccio, presidente di Ance, secondo la quale “finché non abbiamo indicazioni chiare dall’Europa è difficile regolare una proposta precisa. Fondamentale però discuterne ad ampio respiro per farci trovare pronti”. E, in effetti, l’incontro Ance-Fillea assume una certa valenza anche per il messaggio indirizzato alla politica.
Proposta Lega e Forza Italia
Messaggio al quale rispondono subito il leghista Alberto Gusmeroli, vice presidente della Commissione finanze della Camera: “la Lega”, osserva il deputato, “ha presentato all’inizio di marzo una proposta di legge, che prevede cessione del credito e sconto in fattura solo per le fasce meno abbienti della popolazione, per i casi di prima casa in categoria G o F, mantenendo per gli altri la deducibilità in dichiarazione dei redditi.” Con un appello, “basta proroghe continue che mettono in difficoltà i conti pubblici”. Sulla stessa scia Erica Mazzetti, parlamentare di Forza Italia e componente VIII commissione ambiente, secondo la quale è prioritario “riordinare gli incentivi così da concentrare le risorse su obiettivi seri e concreti come l’efficientamento energetico, il contrasto al rischio sismico, l’uso consapevole dell’acqua e anche la decarbonizzazione senza dimenticare che, se si muove l’edilizia, si muove tutto il Paese.”
Case da rigenerare
In dettaglio la proposta Fillea messa in campo punta, tra l’altro, sul “trasferimento diretto” da parte dello Stato in base al reddito e solo per le “prime case”, al posto di sconto in fattura e cessione del credito. Sulla base dell’Isee si avrebbero: 75% di incentivo per i redditi tra 30 e 100mila euro; 85% tra 20 e 30mila euro; 100% per i redditi sotto i 20mila euro con l’obbligo di cedere almeno il 50% dei risparmi energetici. Per la Fillea “anche nelle ipotesi di previsione contabile più rigide le somme da mettere in bilancio sarebbero di circa 20-25 miliardi l’anno”.
Più o meno è la stessa stima che propone l’Ance con proposte parallele a quelle del sindacato: secondo i costruttori un sistema di incentivi permetterebbe di intervenire su circa 120.000 edifici ogni anno, con un costo annuo per lo Stato di circa 20 miliardi. In un documento dal titolo: “La transizione ecologica degli immobili in Italia” l’associazione degli edili consiglia di puntare sugli incentivi, ma senza dimenticare che va salvaguardato il bilancio pubblico.
Il ruolo degli incentivi
Alcune proposte rispecchiano quelle del Sindacato come la prospettiva almeno decennale degli stessi incentivi, il miglioramento energetico di almeno quattro classi per gli edifici ricadenti nelle attuali classi E, F e G o interventi sugli edifici unifamiliari solo se destinati ad abitazione principale. I costruttori vorrebbero anche il mantenimento a regime dell’aliquota del 70% prevista per il 2024 e la previsione di un’aliquota del 100% per i soli soggetti incapienti, la possibilità di cessione del credito o di sconto in fattura per i soli interventi di riqualificazione energetica e sismica di interi edifici e propongono anche un Fondo di garanzia per l’erogazione di mutui “verdi” alle famiglie.
Patrimonio molto vecchio
A corredo della proposta l’Ance ha fatto un’analisi del patrimonio immobiliare residenziale e non dell’Italia, definito “molto vecchio”. Nove milioni di edifici residenziali su 12,2 milioni, così come 743.000 non-residenziali su 1,35 milioni, rientrano nelle classi APE (Attestazione di Prestazione Energetica) più energivore (E, F e G). In totale gli immobili residenziali sono per il 63,1% nelle classi E, F, G. Solo 11.7% sono nelle prime due classi. Va un po’ meglio per i non-residenziali che sono per il 55,3% nelle classi basse, per il 20,2% nella classe D e soltanto il 12,4% nelle classi A e B. Uno scenario non proprio brillante se si pensa che gli edifici sono considerati responsabili del 40% del consumo energetico e il 34% è responsabile delle emissione dirette e indirette di gas serra.