Le Zone economiche speciali (Zes) di recente istituzione, sono pronte a dare una mano alla occupazione nel Mezzogiorno. Un impegno che vale in particolare per la Campania, regione che ha sofferto in modo pesante l’effetto negativo della pandemia sulle attività produttive e sulla forza lavoro. Le stime per la Campania sono, infatti, meno ottimiste rispetto alle valutazioni e alla svolta che si registra in Italia che già intravede un ritorno a livelli occupazionali pre Covid.
La Campania da risollevare
Stando alle stime dell’Ufficio studi della Cgia, la Campania è posizionata al quartultimo posto, con un’incidenza della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale totale del 65,8%, percentuale che conoscerà un sensibile aumento con l’istituzione delle Zone economiche speciali necessarie per supportare le imprese e dare maggiore input all’occupazione. Va ricordato che le Zone economiche speciali sono istituite per promuovere iniziative imprenditoriali del Mezzogiorno, e per il rientro delle imprese che in passato hanno delocalizzato all’estero attività produttive. In questo progetto di rilancio una particolare importanza è la crisi demografica ed economica del Sud Italia che si rivela essere il contesto territoriale arretrato più esteso e popolato dell’area euro. Il Piano Zes dovrà in prospettiva rilanciare la presenza di forza lavoro nel tessuto produttivo.
Lavoro, svolta post pandemia
L’imprevedibilità e la turbolenza con cui l’evento pandemico si è manifestato in Europa e nel resto del mondo hanno inciso in maniera negativa sugli assetti organizzativi di ogni Stato. Oltre alle difficoltà che hanno inghiottito il sistema sanitario, a subire pesanti conseguenze è il mercato del lavoro che si è trovato a fronteggiare un ostacolo molto più grande e, forse, anche più complesso della sua basilare costruzione.
L’avvento della pandemia ha dunque imposto ad aziende, datori e dipendenti di rivedere le modalità di impiego e svolgimento delle mansioni assegnate, comportando in alcuni casi l’interruzione dei contratti di lavoro. L’elevato tasso di disoccupazione post Covid ha lasciato segni evidenti: si è dovuto attendere la fine dell’anno 2022 (Istat: +545.000 occupati) per registrare in Italia una crescita incoraggiante, molto vicino ai livelli pre Covid.
Più offerte di impiego
In generale a parte alcune aree del Mezzogiorno dove la situazione rimane difficile, per il quinquennio 2023-2027, le proiezioni dicono che il mercato del lavoro italiano richiederà 3,8 milioni di addetti di cui 2,7 milioni (pari al 71,7% del totale) in sostituzione delle persone che hanno raggiunto età pensionabile, più di un milione di nuovi ingressi (il 28,3% del totale) legati alla crescita economica prevista nei prossimi quattro anni.