lunedì, 16 Dicembre, 2024
Economia

Fornitori, la Pa indietro nei pagamenti per 50 miliardi

Lo stock dei debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti dei propri fornitori ha toccato i 50 miliardi di euro. In rapporto al Pil è il 2,6%: nessun altro paese europeo ha un’incidenza così elevata. Seconda è la Finlandia (2,2), terzo Lussemburgo (2) mentre Germania e Francia viaggiano intorno all’1,5% e Spagna 0,8%.

La Corte dei conti, nell’ultima relazione sui conti dello Stato, con parole diverse, di fatto conferma le criticità. Nonostante gli sforzi fatti “rafforzando il monitoraggio dei processi di contabilità pubblica”, scrivono i giudici contabili, “e i procedimenti di spesa attraverso l’introduzione del sistema informativo Inlt e di appositi indicatori desunti dalla PCC (Piattaforma per i crediti commerciali)… si deve, tuttavia, evidenziare come nel 2022 non siano venute ancora meno molte delle cause che incidono profondamente sulla tempistica dei pagamenti e che attengono essenzialmente alla effettiva disponibilità dei fondi di bilancio (il più delle volte per mancanza della cassa o per insufficienti stanziamenti di risorse) e a una ancora non adeguata capacità di programmazione di diverse Amministrazioni.”

I mancati pagamenti 

La Cgia, dal canto suo, quantifica che “in quasi un caso su tre, nel 2022 l’Amministrazione centrale dello Stato non ha pagato i propri fornitori” e che a fronte di 3.737.000 fatture ricevute ne ha pagate 2.552.000 per un importo complessivo di 14,8 miliardi di euro dei 20,2 dovuti. Pertanto, 1.185.000 fatture, pari a un importo complessivo di 5,4 miliardi di euro, non sono state onorate.
Una “condotta ingiustificabile” e “diabolica” secondo gli artigiani veneti perché così facendo “l’Amministrazione statale ha spinto verso il baratro moltissime imprese, soprattutto di piccola dimensione”.

Corte dei Conti fiduciosa

Per la Corte dei conti, però, gli indici esaminati evidenziano “un progressivo seppur lento miglioramento. Il tempo medio semplice è passato da 43 giorni nel 2021 a 40 giorni nel 2022, mentre quello ponderato diminuisce di 1 giorno, passando da 36 a 35 giorni. Il tempo medio di ritardo semplice si stabilizza, invece, sui 3 giorni e il tempo medio di ritardo ponderato resta fermo su un anticipo di 6 giorni; tale dato sembra poter essere spiegato sulla base del fatto che le fatture di importo maggiore sono generalmente pagate nei termini”. 

Ritardi fatti intenzionalmente 

Ma su questo Cgia stigmatizza proprio la prassi, da parte dell’Amministrazione pubblica, di ritardare intenzionalmente il saldo fatture con importi minori, penalizzando, così, le imprese fornitrici di prestazioni di beni e servizi con volumi bassi; cioè, ancora una volta, gli artigiani e le piccole imprese. E resta anche il fatto che lo Stato italiano è sotto schiaffo da parte della Commissione europea perché nel corso del 2022, con l’invio della lettera di messa in mora ex art. 260 del TFUE, la Commissione ha aggravato la procedura d’infrazione per la quale la Repubblica italiana era già stata condannata con sentenza del 28 gennaio 2020 per violazione della direttiva 2011/7/UE concernente la lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Il 9 giugno 2021 la Commissione europea ha, inoltre, avviato una nuova procedura di infrazione ex art. 258 TFUE per violazione della stessa direttiva. E la Cgia ci tiene anche a precisare che i mancati pagamenti non includono quelli ascrivibili alle regioni, agli enti locali (province, comuni, comunità montane, etc.) e alle aziende sanitarie. Amministrazioni, queste ultime, che presentano, in particolar modo al Sud, tempi di pagamento e debiti commerciali, addirittura, molto superiori a quelli registrati dallo Stato centrale. “Pertanto – sottolineano gli artigiani – la denuncia sollevata è, molto probabilmente, solo la punta dell’iceberg di un malcostume che, purtroppo, attanaglia tutta la nostra Pubblica Amministrazione”. 

La raccolta di firme 

Insomma anche nel 2022 la performance statale nei tempi di pagamento lascia a desiderare e mentre la Corte dei conti non può che rilevare la permanenza di “ritardi e criticità che non si riescono a superare”, la Cgia protesta e avvia anche una raccolta firme, assieme ai Radicali Italiani, per una proposta di legge popolare che contempli la “compensazione secca” diretta e universale tra i crediti certi, liquidi e esigibile, maturati dall’impresa e i debiti fiscali-contributivi che la stessa impresa deve onorare all’erario. “Nella riscrittura del Pnrr a opera del governo – spiegano i Radicali – c’è anche la proposta di far slittare di 15 mesi la riduzione dei tempi di pagamento della PA che entro fine anno avrebbe dovuto liquidare sempre le proprie fatture in 30 giorni (60 per la Sanità). Anche questa ulteriore deroga è inaccettabile”. 

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