Fermare i rialzi dei tassi d’interesse prima che le piccole imprese falliscano. A contestare e dire basta al nuovo aumento del costo del denaro è la Confederazione nazionale degli artigiani che teme ulteriori e
pesanti conseguenze su credito, mutui, consumi delle famiglie e investimenti delle imprese.
Danni alle piccole imprese
La Cna teme un prossimo effetto domino sull’economia che travolgerà le piccole imprese le più vulnerabili ed esposte alla variazione dei tassi di interesse.
“Siamo molto preoccupati per l’impatto che avrà la decisione adottata dalla Banca Centrale europea di aumentare per la nona volta quest’anno i tassi d’interesse”, sottolinea la Confederazione degli artigiani,
“I continui rialzi portano a un appesantimento del costo del denaro e stanno già avendo pesanti conseguenze su credito, mutui, consumi delle famiglie e investimenti delle imprese. In Italia questa decisione è destinata a danneggiare ulteriormente le imprese, in special modo artigiane, micro e piccole, che per finanziarsi ricorrono soprattutto al credito bancario”.
In crisi investimenti e lavoro
Il problema sollevato dalla Cna è quello con cui già lottano le piccole attività, ossia il tenere le attività aperte. Di fronte a nuove difficoltà la Confederazione teme una ondata di chiusure.
“Molte di loro non solo non saranno in grado di investire ed espandersi, creando nuova occupazione, ma in molti casi rischiano addirittura la chiusura”, fa presente la Cna, “A questo punto, in considerazione del rallentamento dell’inflazione, speriamo che a settembre non ci sia l’ennesimo rialzo dei tassi d’interesse già minacciato dalla presidente della Banca centrale europea Cristine Langarde”.
Aumento al massimo
La nota della Cna arriva dopo che la Bce ha deciso, all’unanimità, di proseguire con l’aumento dei tassi d’interesse per la nona volta in un anno. Il tasso sui rifinanziamenti principali al 4,25%, quello sui depositi al 3,75%, e quello sui prestiti marginali al 4,50%. Un salto che per molti analisti metterà a rischio non solo le piccole imprese ma l’intero sistema produttivo italiano, passando anche per le famiglie. Unico spiraglio la decisione del consiglio direttivo della banca centrale di Francoforte che ha adottato per la prima volta nell’ultimo anno un approccio “dipendente dai dati”.