Con il “dialogo” il fisco nel 2022 ha recuperato 20 miliardi battendo parte dell’evasione. Dal dialogo alle inchieste e verifiche, inoltre, il passo è breve. La Guardia di finanza ha infatti denunciato 14 mila persone per violazioni finanziarie. Tra i due fuochi c’è un aspetto su cui va fatta chiarezza, ed è il ruolo dei lavoratori autonomi. Per la società di analisi socio economiche Cgia di Mestre, partire Iva e professionisti, sono nel mirino come contribuenti infedeli grazie alle stime “inattendibili” formulate dal Ministero dell’economia e finanze. A sottolineare le incongruenze è l’Ufficio studi della società mestrina, che ha elaborato un documento dove si indicano i dati positivi della lotta all’evasione fiscale e nel contempo si scagionano i lavoratori autonomi.
In difesa degli autonomi
“Segnaliamo”, osserva la Cgia, “che oltre il 70 per cento di queste partite Iva è composto dal solo titolare dell’azienda (in altre parole lavora da solo). Bene. Se, come sostiene il MEF, queste attività evadono quasi il 70 per cento dell’Irpef, quanto dovrebbero dichiarare se fossero ligi alle richieste dell’erario? Il 130 per cento in più, ovvero poco più di 76 mila euro all’anno”, puntualizza l’Ufficio studi, “Ora, come possono ‘raggiungere’ nella realtà una soglia di reddito così elevata se la stragrande maggioranza lavora da solo, quindi è poco più di un lavoratore dipendente, e al massimo può lavorare 10-12 ore al giorno, senza contare che durante questa fascia oraria deve rapportarsi anche con i clienti, con i fornitori, con altre aziende, con il commercialista, con la banca, con l’assicurazione e come tutti i comuni mortali può infortunarsi, ammalarsi, etc., etc.? Ovviamente”, osserva la Cgia, “nessuno può nascondere che anche tra i lavoratori autonomi ci siano delle sacche di evasione che vanno assolutamente debellate”
I conti che non tornano
Tuttavia, le stime messe a punto del Ministero dell’economia e finanze, secondo l’Ufficio studi “non convincono”. “Anche alla luce del fatto che non includono il tax gap riconducibile agli autonomi esclusi dal pagamento dell’Irap”, osserva la società mestrina, “Vale a dire quelli in regime dei “minimi” (quasi 2 milioni di soggetti), una buona parte delle imprese agricole, i professionisti privi di autonoma organizzazione e il settore dei servizi domestici. Complessivamente siamo parlando di ben oltre la metà dei lavoratori indipendenti presente nel nostro Paese. Ebbene, se fosse considerata anche l’evasione di questi ultimi, che picco toccherebbe l’evasione degli autonomi? È evidente che questi dati sono poco “attendibili”, ma quello che è altrettanto insopportabile”, annota la Cgia, “che molti organi di stampa e parecchi opinionisti radical chic utilizzino queste stime per accusare gli autonomi di essere “brutti, sporchi e cattivi”; ovvero, i nuovi “affamatori del popolo”. Non pagano, quindi le ambulanze non hanno la benzina per correre, le scuole sono costrette a chiudere”.
I buoni frutti raccolti
Altro capitolo è invece la lotta all’evasione fiscale che sta dando buoni frutti. Ci sono da questo fronte buone notizie. Con i controlli della Guardia di Finanza, l’anno scorso sono state denunciate all’Autorità Giudiziaria per violazioni penali tributarie 14.045 persone, di cui 290 sono state arrestate. In buona sostanza, il due per cento dei soggetti denunciati è finito in carcere. L’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati della Corte dei Conti. “Analizzando la serie storica, dal 2011 emerge che il numero assoluto dei denunciati è rimasto pressoché stabile”, osserva l’Ufficio studi, “mentre gli arresti, dopo il minimo storico toccato nel 2016 (99), hanno raggiunto il picco massimo nel 2021 (411), per poi scendere di 121 casi nel 2022 (290). Se, invece, prendiamo in esame l’incidenza degli arrestati sul totale denunciati, la percentuale ha ricominciato a salire nel 2016 (0,9 per cento) per arrivare alla soglia massima nel 2020 e nel 2021 (in entrambi gli anni il 3 per cento), per poi diminuire di un punto nel 2022 (2 per cento)”.
Punizioni? Meglio dialogare
La società mestrina, tuttavia, presenta un convinto: “no ad uno Stato di polizia tributaria, sì a un fisco più giusto”. “Sia chiaro”, evidenzia la Cgia, “la lotta all’evasione passa anche attraverso l’azione repressiva che, nei casi previsti dalla legge, deve portare all’arresto di chi si rende responsabile di questi reati. Purtroppo, così come ha avuto modo di segnalare la Corte dei Conti, fino ad ora non siamo stati in grado di “misurare” l’efficacia di questa attività punitiva. Infatti, non esiste alcuna analisi realizzata dall’Amministrazione fiscale o dal ministero della Giustizia in grado di valutare ex post gli effetti prodotti dall’azione repressiva del nostro fisco sia per quanto concerne le risorse recuperate sia in ordine alla deterrenza esercitata”. Tuttavia, segnala l’Ufficio studi “in Italia non abbiamo la necessità di istituire uno Stato di polizia tributaria per combattere l’evasione. Insomma”, commenta la Cgia, “determinati con chi è completamente sconosciuto al fisco, altrettanto decisi nei confronti di coloro che, sebbene “targati”, fanno i furbi, senza comunque essere costretti ad inasprire la disciplina penale tributaria con l’intento giustizialista di gettare in galera gli evasori e buttare la chiave”. “Almeno fino a quando”, riflette l’Ufficio studi, “non ci verrà dimostrato, con dati alla mano, che il ricorso alla pena restrittiva della libertà personale risulti essere uno strumento in grado di dissuadere le persone a non fare il loro dovere fiscale e a recuperare le somme evase. Nel frattempo, riteniamo che per ridurre l’infedeltà fiscale e allinearci agli standard dei paesi europei meno interessati da questo fenomeno sia auspicabile mettere a punto in tempi rapidi un fisco meno aggressivo, più semplice, più trasparente e più equo, premiando chi produce, chi crea occupazione e genera ricchezza”.
Fisco giusto, cittadini ligi
Una via per il recupero è alleggerire gli italiani dal peso del fisco. “Garantendo, allo stesso tempo, un gettito sufficiente a far funzionare la macchina dello Stato e ad aiutare chi si trova in difficoltà”, osserva la Cgia, “conferma di quanto appena detto, anche grazie a un leggero calo della pressione fiscale, nel 2022 l’Amministrazione finanziaria ha recuperato dalla lotta all’evasione oltre 20 miliardi di euro. Questo dato, annunciato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) nei mesi scorsi, è l’ennesima dimostrazione che negli ultimi anni la lotta contro l’infedeltà fiscale sta dando i suoi frutti”.
Evasione giù, versamenti sù
Tra il 2015 e il 2023, ad esempio, annota ancora la Cgia, “le imposte evase in Italia sono scese di 16,3 miliardi di euro. Sebbene il 2020 sia stato un anno molto particolare a causa della pandemia, il tax gap stimato dal Mef è sceso a 89,8 miliardi di euro”, sottolinea ancora la Cgia, “di cui 78,9 sono ascrivibili al mancato gettito tributario e gli altri 10,8 miliardi sono il “frutto” dell’evasione contributiva”.
Le stime “inattendibili”
Gli autonomi, almeno al Nord, non sono gli “affamatori del popolo”. In materia di evasione fiscale, spesso gli organi di stampa e molti autorevoli opinionisti citano i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze che stimano in quasi 90 miliardi di euro il tax gap delle entrate tributarie e contributive presenti nel Paese”, osserva la Cgia, “Entrando nel dettaglio di questa analisi, la tipologia di imposta più evasa sarebbe l’Irpef in capo al lavoro autonomo, per un importo pari a 28,3 miliardi di euro che corrisponde ad una propensione al gap nell’imposta che da anni sfiora stabilmente il 70 per cento. Questo vuol dire, secondo gli estensori di questa elaborazione”, fa presente l’Ufficio studi, “che poco meno del 70 per cento dell’Irpef non sarebbe versata all’erario dai lavoratori autonomi. Non entriamo nel merito della metodologia di calcolo utilizzata, alquanto arzigogolata, ma ci limitiamo a dimostrare l’“inattendibilità” di questo risultato. Secondo le dichiarazioni dei redditi dei lavoratori autonomi in contabilità semplificata del Nord (praticamente artigiani e commercianti) hanno dichiarano mediamente 33 mila euro lordi nell’anno di imposta 2021”.
La mappa dell’evasione
C’è un forte divario tra Nord e Sud, nel 2020, ultimo dato disponibile, il peso dell’economia non osservata sul valore aggiunto nazionale era all’11,6 per cento, pari a 174,6 miliardi di euro. “Di quest’ultimo importo, l’economia sommersa era pari a 157,4 miliardi e le attività illegali 17,3 miliardi”, calcola la Cgia, “L’evasione fiscale e contributiva, invece, si aggirava attorno ai 90 miliardi di euro (78,9 miliardi imputabili all’evasione tributaria e 10,8 miliardi all’evasione contributiva).
Applicando al valore aggiunto sommerso un coefficiente determinato dal rapporto del gettito fiscale e il valore aggiunto desumibile dalla contabilità nazionale al netto dell’economia non osservata, l’Ufficio studi della CGIA è riuscita a calcolare anche l’evasione a livello regionale”.
Regioni virtuose e maglia nera
A fronte di 90 miliardi di evasione fiscale all’anno, è come se a ogni 100 euro di gettito incassato dal fisco, comunque ne venissero evasi 13,2. “Se la stessa simulazione la riproduciamo a livello regionale”, calcola la Cgia, “la situazione più critica la scorgiamo nel Mezzogiorno: nella classifica di euro evasi ogni 100 euro incassati, in Puglia gli evasori se ne trattengono 19,2 euro, in Campania 20 e in Calabria, maglia nera d’Italia, 21,3. Si tratta di cifre doppie rispetto a ai 10,6 euro che si registrano in Friuli Venezia Giulia, ai 10,2 euro in Provincia di Trento e ai 9,5 euro in Lombardia. Il territorio nazionale più fedele al fisco è la Provincia di Bolzano che presenta un’evasione di soli 9,3 euro ogni 100 incassati”.
Autonomi, divario Nord-Sud
Al Nord gli autonomi in contabilità semplificata dichiarano il 43% in più dei colleghi del Sud “Anche osservando le dichiarazioni dei redditi degli imprenditori individuali e dei lavoratori autonomi in contabilità semplificata”, fa presente la società mestrina, “regime fiscale che coinvolge la grandissima parte degli artigiani e dei piccoli commercianti, le differenze reddituali sono profondissime. Se, mediamente, al Nord si dichiarano 33 mila euro all’anno, al Sud solo 23 mila. Questo vuol dire che al Nord si dichiara il 43 per cento in più. Questa forchetta tende addirittura ad aumentare quando si analizzano le dichiarazioni dei redditi anche dei lavoratori autonomi (liberi professionisti e artisti) e delle imprese individuali in contabilità ordinaria”. Ovviamente, precisa ancora l’Ufficio studi, “questi divari sono sicuramente riconducibili alle diverse situazioni economiche e sociali presenti in queste due macro aree. Tuttavia, ha una rilevanza non trascurabile anche l’impatto dell’evasione fiscale di sopravvivenza che nel Mezzogiorno ha dimensioni importanti”. Analizzando i dati delle singole regioni per quanto concerne le dichiarazioni dei redditi in contabilità semplificata, in Lombardia gli autonomi dichiarano 35.462 euro, in provincia di Trento 34.436 euro, in Veneto di 33.318 e in Friuli Venezia Giulia di 33.205 euro. Per contro, in Sicilia ci si attesta sui 23.946 euro, in Puglia sui 23.223 euro, in Campania sui 22.662 euro, in Basilicata sui 21.012 euro, in Molise sui 19.610 euro e in Calabria sui 19.551 euro. La media nazionale è pari a 29.425 euro.