La diffusione rapida e imprevedibile del coronavirus è un evento che non solo avrà importanti conseguenze nel 2020 ma lascerà un segno indelebile anche per le future generazioni.
Le lezioni che possiamo ricavare da questa drammatica vicenda sono tante.
1) La globalizzazione.
È un fenomeno irreversibile. L’interazione tra i diversi Paesi del mondo è una realtà che, sovranisti e isolazionisti se lo mettano in testa, non è più modificabile. La globalizzazione non è solo una fluidificazione nei movimenti delle merci, dei capitali finanziari, degli investimenti produttivi e della manodopera: essa è un dato di fatto diventato ormai coessenziale all’essere umano, è un elemento dell’antropologia contemporanea e futura.
2) La labilità dei confini nazionali.
Internet ce l’aveva già dimostrato ma pensavamo che tutto si limitasse ad innocenti byte. Poi sono arrivati gli hacker, poi i virus informatici. Ma pensavamo che tutto finisse lì. L’interconnessione della rete globale supera i confini nazionali e rende queste barriere sempre meno significative. Con la diffusione del coronavirus abbiamo scoperto che quello che succede per i byte può succedere per tutto: in questo mondo può circolare ogni cosa a prescindere dalle nostre pianificazioni. E quando un virus comincia a diffondersi, la catena dei possibili contagi è peggio della reazione a catena scatenata dalla fissione dell’atomo.
3) Nessun problema è più solo locale se il mondo è sempre più piccolo.
La distanza geografica da un problema che sembra riguardare solo una zona limitata e lontana è oggi frantumata dalla velocità di circolazione delle informazioni, dalla facilità con cui le persone si spostano, dalla concatenazione dei fenomeni naturali che sono sempre più giganteschi sempre più devastanti e innescano sempre più reazioni che si estendono su dimensione globale.
4) Esistono solo soluzioni globali e non locali.
Pensare di risolvere da soli un problema o di cercare di proteggersi in casa propria è un errore e una pia illusione. Se i problemi hanno effetti globali occorre cercare soluzioni globali. La collaborazione internazionale è imprescindibile e va oltre le distinzioni tra Paesi ricchi e Paesi poveri.
5) Nessuna menzogna può resistere a lungo, ma può fare molto male.
Nascondere la verità serve solo a complicare e ritardare la soluzione di problemi e a rovinare la reputazione di chi cerca di alterare la realtà provocando danni maggiori.
6) Per la Cina è peggio di Tienanmen 1989.
La Cina non può più comportarsi come un sistema chiuso che si protegge dalla verità, ora che è un player mondiale. Deve accettare le regole del gioco minime dei Paesi democratici e non negare la realtà. Se i capi di Pechino avessero dato ascolto a Li Wenliang, invece di accusarlo ingiustamente, avrebbero affrontato con un mese di anticipo la diffusione del coronavirus. La credibilità della Cina è stata scalfita da questa vicenda che ha dimostrato l’inutilità e la pericolosità dei vecchi metodi dei regimi totalitari. Il potere monocratico cinese dovrà fare i conti con le ferite profonde che questa vicenda lascia nel tessuto del suo popolo e che intacca l’autorevolezza dei vertici del Partito comunista cinese.