sabato, 18 Gennaio, 2025
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Previdenza, trattative nel labirinto delle quote. Ipotesi 41 anni di contributi senza limiti per l’età

Nuovo incontro il 28 luglio tra Governo e sindacati. Costi nel mirino dell’Osservatorio della spesa

Ai sindacati preme avere risposte chiare ed efficaci sulle quali avviare il confronto. Al Governo invece, prima di decidere le misure pensionistiche da adottare nel 2024, interessa, conoscere lo stato dell’economia che si avrà in autunno. Nel mezzo una trattativa che procede a rilento. Tra le ipotesi la più caldeggiata dai sindacati è Quota 41 secca, (41 anni di contributi e uscita senza limiti di età) ma costerà all’Inps 4 miliardi in più e solo per il primo anno. C’è poi Quota 96 (uscita con 61 o 60 anni) ma riservata per ora solo al ristretto numero di lavori usuranti.

Le ipotesi e la realtà

Dopo la mancata riunione del 18 luglio, il ministro del lavoro Marina Calderone tornerà a incontrare i leader di Cgil, Cisl, Uil e Ugl il prossimo venerdì 28 luglio. Sarà un confronto dove le ipotesi su Quote, flessibilità, giovani e donne, e pensioni integrativa, dovranno essere messe sul tavolo. Per i sindacati un altro rinvio segnerà la rottura delle trattative. Così la volontà delle parti è definire impegni e soluzioni. Un ruolo chiave è quello affidato dal Governo all’Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale, strumento tecnico che dovrà sfornare i dati economici e quindi le risorse disponibili che suggeriranno il perimetro delle riforme.

Di Quota in Quota, le ipotesi

La questione più spinosa è quella delle Quote, i sindacati non permetteranno un prolungamento della legge Fornero – pensione a 67 anni di età – chiedono una vera e necessaria flessibilità di uscita. L’ipotesi che in queste ore si fa strada è Quota 96 per i soli lavoratori impegnati in attività gravose e usuranti, che avranno l’uscita con 61 (o 60) anni d’età e 35 di versamenti, ma bisognerà definire l’elenco delle tipologie di lavoro che rientrano nelle nuove norme. C’è poi una seconda idea, quella di Quota 41 “contributiva” con il pensionamento al raggiungimento dei 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica. Ipotesi che per il governo è costosa. Infatti secondo i calcoli se passa Quota 41 in forma secca (41 anni di contributi a prescindere dall’età), per l’Inps sarà un costo in più di circa 4 miliardi solo il primo anno. Altra idea per uscire prima dal lavoro è Quota 103, in questo caso la pensione è pagata fino a un certo importo massimo. La soglia è pari a cinque volte il trattamento minimo della pensione. Oltre a tale importo, per chi lo supera, l’Inps non riconosce nulla fino alla maturazione del requisito per la pensione di vecchiaia. Ma ci sono anche limiti al ribasso rappresentati dal divieto di cumulare la rendita con redditi da lavoro.

Il labirinto delle “uscite”

Tre ipotesi e tre rebus perché ciascuno a giudizio di sindacati e governo concede benefici ma anche vincoli e tutte riportano al nodo della della flessibilità in uscita che resta difficile da sciogliere. Il tempo stringe dopo il 26 luglio gli incontri programmati sono il 5 e il 18 settembre, quando bisognerà tirate le somme sulle scelte da fare. Sarà il momento della verità perché le decisioni saranno poste a confronto con le risorse disponibili. Sono quelle che verranno scritte nella Nota di aggiornamento al Def (NaDef). Documento che segnerà il vero spartiacque tra proposte e decisioni. Se ci saranno problemi la via di uscita resta il prolungamento per il prossimo anno di quello che già c’è oggi, come Ape sociale, e Quota 103, più Opzione donna rivista in chiave meno restrittiva.

“Pensami”, nuovo servizio Inps

In questo contesto arrivano anche segnali che rischiano di suscitare alla platea di lavoratori interessata alla pensione, quindi a fine corsa, più diffidenze che sicurezze. L’Istituto di previdenza ha messo a punto e disponibile un sistema di calcolo previdenziale con “Pensami”, che simula due elementi sensibilissimi: quando il lavoratore potrà entrare in pensione e, soprattutto, quando sarà l’ammontare economico dell’assegno. Una operazione verità che rischia di generare come sottolineano alcuni analisti, solo “cattive notizie” perché in molti rimarranno delusi. Uno stato d’animo che rischia di salire fino ai piani alti della politica, dove Governi sono nati o sono caduti, proprio sulle aspettative previdenziali dei cittadini.

Sindacati tra attesa e rottura

Sulla prossima riunione si addensano le aspettative dei sindacati, seppure con sfumature diverse tra chi è pronto alla barricate, come Cgil e Uil, e chi come Cisl e Ugl vedono segnali di dialogo e intesa. La linea dura è rimarcata dalla Uil. “Non c’è stata una risposta in merito alla questione del superamento della legge Fornero, che non permette l’accesso alla pensione prima dei 67 anni”, puntualizza Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, “Così come non c’è stata nessuna conferma sulla proroga di quota 103; il che vorrebbe dire avere come unico canale di uscita dal mondo del lavoro le anacronistiche regole imposte dalla Fornero. La UIL chiede con forza, da tempo, che la riforma Fornero sia strutturalmente rivista attraverso l’inserimento di una flessibilità diffusa di accesso alla pensione intorno ai 62 anni, così da allinearci alla media europea”.

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