“È il quarto incontro che facciamo sulla previdenza e siamo ancora a zero”. Stoccata della segretaria confederale della Cgil, Lara Ghiglione al Governo e Ministero del Lavoro. Motivo la quarta riunione ancora senza dati e risposte per i giovani e per chi ha “fragilità contributive”. L’esponente della Cgil e quello della Uil tagliano corto e parlano di “incontro imbarazzante”.
Cosa è accaduto? Cgil e Uil contestano
L’atteso confronto al Ministero doveva essere di natura tecnica con le proiezioni da parte dell’Osservatorio sulla spesa previdenziale, quindi solo dati sui quali ragionare, senza entrare nel merito delle scelte. La dirigente della Cgil osserva: “Ci hanno chiesto di esporre le nostre proposte ma non avevano alcun dato”, prosegue Lara Ghiglione, “La ministra non c’era. Siamo insoddisfatti. La ministra ci dica cosa intende fare”. Stessa critica arriva dalla Uil. “La riunione con i rappresentanti del Ministro del lavoro sulle future pensioni dei giovani è stata imbarazzante”, racconta il segretario confederale Domenico Proietti, “i rappresentanti del Ministero non avevano il mandato a dare risposte alle proposte di Uil Cisl e Cgil, già illustrate dai Segretari generali nei due incontri, a gennaio e giugno scorsi, con il ministro Calderone”.
Contributi e disoccupazione
La Cisl si mostra attenta a non rompere con il Governo e mantenere pragmaticamente il dialogo aperto. Se i toni appaiono distensivi nella sostanza il sindacato sollecita una riforma dove “è necessario ed urgente che lo Stato si ponga il problema di chi avrà pensioni povere”, spiega il segretario confederale Ignazio Ganga, “la proposta è quindi una pensione che garantisca un importo minimo collegato con i contributi versati, con i periodi di lavoro di cura, con quelli di formazione e con lunghi periodi di disoccupazione”.
I nodi da sciogliere
Con l’inflazione alta le pensioni sono comunque erose mentre è difficile mettere in cantiere costosi interventi strutturali. L’ipotesi più calzante è quella delle proroghe.
Le lavoratrici potranno sperare in una riedizione più favorevole di Opzione donna dopo la stretta decisa lo scorso anno. Ci sarà il ripristino di Anticipo pensione con Ape sociale, misura che prevede l’uscita a 63 anni ma ad alcune condizioni, come lavoratori che si trovano in stato di disoccupazione o che hanno una riduzione della capacità lavorativa. Tra le conferme ci sarà Quota 103, 62 anni di età e 41 di contributi per uscire dal lavoro in anticipo rispetto all’età di vecchiaia e alla pensione anticipata fissata a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne.
In attesa dei calcoli dell’Osservatorio i sindacati fanno le loro proiezioni. Per Quota 103, posto che sarà prorogata, la Cgil spiega che saranno accolte quest’anno meno di 20mila domande. Potrebbe essere invece rafforzato il contratto di espansione che comunque può essere penalizzante per i lavoratori. La misura consente di avviare piani concordati di esodo per i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi (5 anni) dal conseguimento del diritto alla pensione, che può essere sia di vecchiaia che pensione anticipata.
Tensioni per il prossimo vertice
Previsto per martedì un nuovo incontro tra Ministero del Lavoro e sindacati. La Uil annuncia che saranno di nuovo ribadite le condizioni di fondo presentate dai sindacati, questa volta però i sindacati se non ci saranno proposte punteranno i piedi. “Bisogna pensare da subito alle future pensioni dei giovani. La precarietà dei rapporti di lavoro di questi anni ha generato buchi di contribuzione previdenziale che”, avverte il sindacato, “se non sanati, condanneranno queste generazioni a pensioni molto basse”.
Un futuro più povero
Le stime tra sindacati e Inps combaciano. Il futuro previdenziale per i giovani sarà povero. Tanto per iniziare per i 30enni di oggi l’orizzonte della pensione sarà a 70 anni. Secondo il simulatore dell’Inps “Pensami” chi è nato nel 1990 potrebbe andare in pensione di vecchiaia a 70 anni con 20 anni di contributi o in anticipata con 45 anni di contributi a prescindere dall’età. Sarà comunque un assegno povero. Per i sindacati, ma è anche negli impegni del Governo, l’urgenza che parta da questo anno una integrazione dello Stato per i periodi di discontinuità contributiva.
Gli “zaini” pensionistici
A mettere il dito nella piaga delle prospettive non rosee è la Corte dei conti che partendo dai dati Inps realizza proiezioni e stime prendendo in esame undici figure tipo. Stando alle proiezioni per il futuro ci sarà, un trattamento adeguato per i dipendenti delle forze armate e per quelli del settore sanitario. In sofferenza le pensioni dei lavoratori autonomi. I cosiddetti zaini pensionistici degli occupati nelle forze armate raggiungono in media un montante di circa 235mila euro, in seconda posizioni i lavoratori della sanità che supera i 178mila. Per tutti gli altri lavoratori, scuola, commercio coltivatori, la consistenza arriva a meno di 100 mila euro. I montanti contributivi più bassi sono nel settore dei lavoratori autonomi, a partire dai parasubordinati e dai coltivatori diretti. Sotto i 100mila euro è anche la consistenza degli zaini pensionistici dei lavoratori in situazione di mobilità o disoccupazione, dei commercianti, dei lavoratori del comparto scuola e degli artigiani.