Le incertezze dell’economia globale, un deterioramento delle attività industriali, un accesso al credito difficile se non impossibile per le micro imporre.
Sulle prime due difficoltà arriva la non rassicurante analisi della Banca d’Italia dell’indagine sulle aspettative di inflazione e crescita. L’Istituto segnala il “generale deterioramento” e “i giudizi sulla situazione economica generale” che restano “complessivamente sfavorevoli”. Sul credito arrivano le valutazioni delle Associazioni di categoria delle piccole imprese e analisti finanziari, che tornano a segnalare dopo 10 anni l’impennata dei debiti ritenuti inesigibili.
La crescita affievolita
“L’impulso della domanda”, scrive l’Istituto di via Nazionale, “che aveva sostenuto l’attività nel primo trimestre dell’anno, si è affievolito; si sono indebolite anche le attese sulla domanda, sia totale sia estera, nei prossimi mesi”. Se i toni complessivi sono al ribasso Bankitalia segnala anche spiragli positivi. “Nonostante le condizioni per investire siano ritenute sfavorevoli, in particolare per le imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi, le aziende continuano a prefigurare un’espansione degli investimenti nell’anno in corso. Le prospettive dell’occupazione per i prossimi tre mesi rimangono positive”. Anche l’inflazione al consumo mostra una dinamica in discesa.
“Le attese sull’inflazione al consumo si sono ridotte su tutti gli orizzonti temporali, attestandosi al 5,8 per cento sui 12 mesi e al 5,0 e 4,5 per cento sugli orizzonti rispettivamente a 2 anni e tra 3 e 5 anni”, calcola il rapporto”. La dinamica dei prezzi praticati dalle imprese, però, rimarrebbe sostenuta nei prossimi 12 mesi.
Grandi aziende più resistenti
Ad avere meno problemi sono le grandi aziende, ad esempio le prospettive occupazionali risultano più favorevoli per le aziende con almeno mille addetti e per quelle che operano al centro, nel comparto dei servizi e delle costruzioni. “Le aspettative sulle proprie condizioni operative per i prossimi tre mesi sono peggiorate per le aziende nell’industria”. I principali freni alle prospettive di crescita restano l’incertezza economica e politica e, “seppur in misura nettamente minore rispetto al 2022, l’andamento del prezzo del petrolio”.
Piccole imprese fragili
Il problema del credito coinvolge in particolare le piccole attività, la Banca d’Italia, ad esempio, segnala al rovescio che una buona parte delle grandi imprese con più di mille dipendenti, le “condizioni di accesso”, al credito sono rimaste invariate, mentre la liquidità risulta avere un minimo di “sufficienza”.
Faro sui crediti deteriorati
Un capitolo a parte per le imprese è la difficoltà di accesso al credito. I problemi sono noti, c’è il rallentamento dell’economia, in un quadro di elevata inflazione e innalzamento dei tassi d’interesse. Il tutto insieme alla parziale sostituzione degli interventi pubblici a sostegno delle imprese adottati durante la pandemia e ormai terminati, si traducono in un aumento del flusso di nuovi crediti deteriorati.
La crisi delle micro attività
Il futuro non lascia sperare al meglio. La situazione si complicherà ulteriormente.
Nel 2024, secondo alcune stime, per ogni settore e classe dimensionale di impresa, tassi di deterioramento maggiori rispetto ai valori del 2022, quando comunque erano storicamente bassi. Le maggiori difficoltà ricadono sulle microimprese che hanno aggravato il proprio tasso di deterioramento, trainando il peggioramento complessivo e anticipando il trend generale del 2023 e 2024.
Debiti, banche prudenti
Per la prima volta in 10 anni, le banche italiane si attendono un aumento dei crediti deteriorati per l’incertezza economica, il perdurare del caro energia e dell’aumento dei tassi di interesse.
I crediti deteriorati, in pratica denaro che si ritiene improbabile che la banca riesca a recuperare dai suoi debitori, a causa di un peggioramento della loro situazione economica e finanziaria. Secondo gli analisti di Money tuttavia: “va sottolineato che tra le banche italiane il problema è contenuto, e la percentuale di crediti deteriorati sul totale di quelli di ciascun istituto è tendenzialmente molto bassa: un buon segnale per la tenuta del sistema bancario, e una buona rassicurazione per tutti i risparmiatori”.
Nella pancia degli Istituti
Parlando nello specifico dei vari istituti bancari, in testa alla lista dei più deteriorati (la classifica è stata elaborata da Money.it), guardando ai bilanci di chiusura del 2022, tra le banche con più crediti deteriorati c’è il Monte dei Paschi di Siena. La percentuale netta dei crediti deteriorati era del 2,2% (l’anno prima era del 2,6%). Stessa cifra anche per Banco BPM. Poco distanti, e tutte molto vicine tra loro, Cassa Risparmio di Bolzano (1,9%), Banca Popolare di Sondrio (1,8%) e Banco Desio (1,7%).
Bper e Unicredit si attestano all’1,4%. Sul podio ci sono Intesa Sanpaolo, intorno all’1,3%, Credem (0,9%), con un’alta capacità di copertura sui crediti deteriorati, pari al 61% e, infine, Fineco Bank: 0,1% di crediti deteriorati netti, e capacità di copertura all’86%.